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Jacen Burrows: Providence, Alan Moore & Lovecraft

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Copertina per Providence N. 1. Illustrazione di Jacen Burrows.
Dopo un periodo d'assenza tornano le interviste su smokyland
Nel seguito potete leggere un'interessante chiacchierata con JACEN BURROWS, artista dal segno efficace e leggibile, disegnatore di PROVIDENCE, l'ultima incursione di Alan Moore nel mondo di H.P. Lovecraft, dopo Il Cortile e Neonomicon (sempre illustrati da Burrows).
Di Providence, tuttora in corso di pubblicazione in originale per Avatar Press (sono previsti dodici numeri), la Panini ha proposto, di recente, un primo volume contenente i numeri dall'1 al 4.

L'intervista originale è stata condotta nel mese di Gennaio e pubblicata sull'ottimo Facts in the Case of Alan Moore's Providence - a cura di Robert Derie, Joe Linton e Alexx Kay - dedicato all'analisi dettagliata della maxi-serie scritta da Moore. Il testo in Inglese può essere letto qui.

Prima di passare alle parole di JACEN BURROWS segnalo, a chi fosse interessato ad approfondimenti su Providence,l'ottima analisi di Andrea Tosti apparsa su Fumettologica e l'intervista a Leonardo Rizzi, traduttore dell'edizione italiana, pubblicata su Senzaudio.

E ora... buona lettura! E un grazie a Joe Linton per l'autorizzazione alla pubblicazione e traduzione.
Copertina per Providence N. 2. Illustrazione di Jacen Burrows.
BACKGROUND
Facts: Leggi molti fumetti? Da ragazzo quali erano i tuoi preferiti? E oggi quali sono?
Burrows: Non ne leggo più così tanti come quando ero giovane. Ad essere sincero, non posso proprio permettermi una dipendenza da fumetti. Ma cerco di prendere dei volumi un paio di volte all'anno e sto attento durante le convention per qualche buon affare o nuove pubblicazioni interessanti.
Al momento mi piacciono molto diverse produzioni della Image: Wayward, Rat Queens, Revival, Southern Bastards, Saga, Manifest Destiny, Sex Criminals. La Image sta pubblicando un sacco di fumetti davvero validi. Sono anche un grande fan di Terry Moore e del suo Rachel Rising: lui è sempre bravissimo. E cerco di non perdermi nessun fumetto scritto da Garth Ennis, Joe Hill e Kieron Gillen. Inoltre compro tutto quello che esce dell'"Hellboy Universe".

ILLUSTRARE H.P. LOVECRAFT
Hai letto molto Lovecraft prima di iniziare a disegnare le storie ispirate ai suoi lavori come Il cortile, Riconoscimento, Neonomicon e Providence? Quali sono le storie di Lovecraft che preferisci?
Ho letto Aria fredda quando ero piuttosto giovane. Era contenuto in un antologico di racconti horror e fu l'unica storia che mi colpì. Poi ho messo le mani sui volumi editi dalla Del Rey con le terrificanti copertine di Michael Whelan che mi hanno dato un'ottima base per tutti i racconti più importanti. Quando stavo lavorando a Neonomicon mi sono impegnato a leggere o ascoltare in audio-libro molti dei suoi scritti più oscuri. Mi è sempre piaciuto il Ciclo dei Sogni per la sua stranezza. Non sono storie horror nel senso tradizionale del termine ma l'idea di perdersi in una terra di pericolosi incubi viventi mi ha sempre colpito. Io stesso ho sempre fatto sogni particolarmente vividi. 
Tavola, priva del lettering finale, da Providence N. 1. Disegni di Jacen Burrows.
Ci sono altri disegnatori e illustratori che hanno dato forma alle creazioni di Lovecraft a cui ti sei ispirato?
Traggo ispirazione da tutto: film, libri, fan art, illustrazioni per giochi di ruolo. Tra i miei preferiti ci sono i lavori horror di Bernie Wrightson, spesso con mostri lovecraftiani. Mike Mignola, ovviamente. Zdzisław Beksiński, le cui opere semplicemente trasmettono un senso d'orrore surreale e terrificante. C'è un artista che si chiama Don Kenn che realizza un sacco di illustrazioni di mostri davvero potenti, anche loro fonte d'ispirazione. Ma se dovessi indicare la singola e più importante fonte di riferimento per tutto quello che riguarda mostruosità aliene ultraterrene direi senza dubbio La Cosa di John Carpenter.

LAVORARE CON ALAN MOORE
Hai collaborato con molti sceneggiatori di successo: Alan Moore, Garth Ennis, Warren Ellis, per fare qualche nome. Quali sono le differenze nel lavorare con Moore rispetto ad altri scrittori?
Molto è stato detto sul livello di dettaglio delle sue sceneggiature ma c'è anche una straordinaria pressione auto-imposta che deriva dal sapere che i suoi lettori sono molto più meticolosi nelle loro analisi rispetto alla media. Ci sono livelli di dettaglio e di storytelling non verbale che sono rilevanti nella narrazione e la consapevolezza che la gente ci presterà davvero attenzione mette addosso un sacco di pressione. Diamine, in generale ti senti addosso un sacco di pressione nel cercare di essere all'altezza della scrittura e dei risultati straordinari dei suoi collaborati del passato. Ma tutto quello che si può fare è provarci. E lo stress in realtà può essere d'aiuto per evolvere e tirar fuori il meglio.

Come lavori con Moore? Parli con lui al telefono? È un processo in qualche modo interattivo? Rispetto all'intera serie - che è costituita da 12 albi - quante sceneggiature erano disponibili quando hai iniziato a disegnare il primo numero?
Credo che Moore avesse completato il numero 4 o il 5 quando io ho iniziato a disegnare il primo episodio. E penso che avesse finito la sceneggiatura dell'ultimo quando io ero al quarto. Gli ho fatto visita un paio di volte, nelle prime fasi della lavorazione, e abbiamo discusso un sacco dei temi trattati, dei personaggi e del nostro approccio ma una volta iniziata l'effettiva realizzazione della serie non c'è stato grande bisogno di stare in contatto a parte per le approvazioni e qualche occasionale correzione in fase di revisione. Nelle sceneggiature c'è davvero tutto. Passo le mie domande attraverso la redazione per tenere le mie ingerenze rispettosamente al minimo e professionali.  
Tavola, priva del lettering finale, da Providence N. 1. Disegni di Jacen Burrows.
PROVIDENCE: IL DIETRO LE QUINTE
È evidente che dietro Providence si sia un grandissimo lavoro di ricerca, dalle strade alla moda del periodo fino agli arredi delle abitazioni. Come ti sei organizzato? Dopo quante settimane o mesi di ricerca e documentazione hai iniziato a disegnare Providence?
L’inizio è stato ovviamente più lento. L’ambientazione nel 1919 era totalmente nuova per me, tra la prima guerra mondiale e i ruggenti anni ’20, e non avevo idea di come renderla dal punto di vista grafico. Ho comprato cataloghi sull’abbigliamento, visto film e spettacoli televisivi ambientati in quel periodo e ho cercato di imparare quanto più potessi su… praticamente tutto quello che riguardava quell’epoca.
Fortunatamente Alan aveva già fatto un mucchio di ricerche sull’argomento e poteva indicarmi la strada. Ma ogni singolo albo presentava delle specifiche sfide in termini di documentazione, da come erano i barbieri del periodo alla verifica delle fasi lunari in modo che fossero quelle giuste durante le notti in cui la storia è ambientata. Nessun dettaglio era trascurabile se era funzionale a rendere l’atmosfera. Di sicuro era un po’ una cosa da pazzi ma mi sono chiesto “quando mai mi capiterà di lavorare a un progetto simile?”

Qualche dettaglio sul tuo metodo. Quali sono i tuoi passaggi: thumbnail, matite, chine? Che tipo di matite, pennini, inchiostro, carta usi? Quanti ritocchi fai? Quanto lavoro è su carta, quanto in digitale?
C’è pochissimo intervento digitale. Qualche sistematina qua e là ma la maggior parte dei disegni è realizzata con metodo tradizionali. È tutto piuttosto standard tranne il fatto che, in genere, faccio un paio di passaggi di thumbnail per avere tutti i pezzi al posto giusto, i dettagli ben definiti e la prospettiva tracciata accuratamente. Dal momento che ogni vignetta è un campo lungo con, di solito, più di un personaggio che parla e sono richiesti specifici dettagli, devo prestare molta più attenzione nella composizione di quanto faccia normalmente.

Quanto impieghi di norma per disegnare un albo di Providence? In una settimana quante tavole realizzi a matita? Quante ne riesci ad inchiostrare? Quanto tempo per le matite e le chine di una copertina?
È difficile dirlo. Per i primi numeri ho disegnato un sacco di copertine di Providence e per la serie God is Dead, praticamente dividendo così il mese lavorativo. Ma come indicazione generale cerco di fare circa 3 o 4 tavole, matite e chine comprese, alla settimana, che si tratti di  pagine di fumetto o di copertine. Non sono di sicuro il disegnatore più veloce in circolazione, specialmente con lavori così ricchi di dettagli ma cerco di tenere un ritmo costante.
Copertina per Providence N. 7. Illustrazione di Jacen Burrows.
A che punto sei con Providence? Le domande per quest'intervista le stiamo scrivendo a Gennaio 2016 e il numero 7 è di prossima uscita [il sito della Avatar indica, come data, il 10 Febbraio, N.d.T]. A quale parte stai lavorando? Hai già realizzato gli schizzi di tutti gli albi?
Il numero 8 è attualmente in fase di colorazione ed io sto per iniziare a lavorare sul 9. Il numero 7 è davvero potente. Non vedo l'ora che esca.

Come lavori con il colorista Juan Rodriguez? Tu e/o Alan Moore gli date molte indicazioni su come colorare specifici elementi? È un processo interattivo: tu, oppure  Rodriguez, realizzate una versione preliminare che poi ricontrollate per approvazione definitiva?
La sceneggiatura presenta alcune direttive per la colorazione e dove non ci sono di solito cerco di scrivere dei suggerimenti - sull'atmosfera da ottenere o specifici dettagli e arredi - che vengono girati al colorista. Di solito c'è una prima versione che viene sottoposta all'approvazione di Alan e mia per possibili aggiustamenti. Passo a Juan tutta la documentazione che salvo da Internet per risparmiargli le ricerche ma generalmente riesce a cogliere il tono giusto sin da subito. 
Copertina per Providence N. 7. Illustrazione di Jacen Burrows.
DOPO PROVIDENCE
Una volta completato Providence su cosa lavorerai? A quali progetti i tuoi fan dovranno prestate attenzione?
È troppo presto persino per pensarci ma vorrei lavorare a qualcosa di diverso perché mi piace cambiare. Mi piacerebbe lavorare ad un genere inedito per me, ad esempio la fantascienza. Qualcosa con molta azione in modo da provare a fare cose nuove dal punto di vista stilistico. Ma chi può dirlo ora.
Gli sceneggiatori con cui collaboro avranno di certo qualcosa di interessante da propormi quando verrà il momento!

[L'intervista originale, in Inglese, può essere letta qui.]

Alan Moore: scrivere, Godzilla, Twin Peaks, Burroughs e la falena nella barba

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Illustrazione (2015) di Matías Bergara, realizzata in occasione del 62esimo compleanno di Moore.
Lo scorso anno, nel mese di Ottobre, ALAN MOORE ha colto l'occasione per risponde a una serie di domande poste dagli utenti del sito Goodreads.com, in una sessione "Ask the Author". Il totale riporta 75 domande poste - su temi eterogenei, alcuni non strettamente legati all'autore inglese e alla sua opera - con alcune risposte, a quesiti (forse) simili, che risultano duplicate.

La chiacchierata e il dialogo con i lettori è una lettura interessante e, a tratti, anche divertente, con Moore che sfoggia il suo consueto eloquio e humour. 

Nel seguito potete leggere la traduzione di una selezione di 15 domande: buona lettura!
L'intera sessione di Q&A può essere letta in originale QUI.
1. Tra tutte le innumerevoli cose che hai scritto qual è il tuo lavoro più personale?
Per definizione Sacco Amniotico dovrebbe essere la mia opera più personale, tra quelle effettivamente disponibili per il pubblico. Ad ogni modo, mi aspetto che il prossimo anno [il 2016, N.d.T] venga sorpassata da Jerusalem, che rappresenta il mio massimo sforzo nel cercare di esporre la mia esperienza di vita e le mie radici in termini di fiction.

2. Pensi che essere consapevoli d’essere dentro una storia horror renda più semplice viverci?
In realtà solo i personaggi della fiction vivono dentro storie horror. La persone reali, anche quando sono soggette di speciali detenzioni illegali e ricevono scosse elettriche ai genitali da qualche parte in Egitto, non sono dentro una storia horror: sono nella stessa realtà ordinaria in cui viviamo io e te, sono parte di essa, di quella realtà che noi tutti contribuiamo a creare, con le nostre azioni e le nostre inazioni.
Credo che sarebbe meglio se ci trovassimo d’accordo nel dire che viviamo nel mondo reale e che se a volte sembra di leggere una storia horror, o peggio, allora siamo noi gli unici autori e siamo sempre noi l’unica autorità capace di sistemare o cambiare le cose.

3. Quale romanzo horror credi sia il più realistico? Ossia, la cosa più terrificante è che possa davvero accadere.
Per soddisfare il criterio di un evento che davvero potrebbe accadere, le opzioni di scelta sono molto limitate. Dovrebbe trattarsi di una qualche guerra nucleare o di una catastrofe ambientale, immagino… Per cui direi un romanzo come La strada di Cormac McCarthy oppure Ipotesi sopravvivenza, film realizzato per la televisione inglese che potrei descrivere come The day after per persone adulte.

4. [...] Quale sarebbe il modo più spaventoso di morire?
Il modo più spaventoso di morire, di sicuro, sarebbe dopo una vita non pienamente apprezzata, compresa o gustata. […]
Il nano di Twin Peaks.
5. Che cosa pensi renda una persona oppure un mostro davvero spaventoso, capace di generare paura?
Credo che la qualità più terrificante in un mostro – reale o fittizio, umano o meno – sia la sua distanza dal nostro mondo rispetto ai comuni parametri; la sensazione di essere di fronte ad una qualche forma di intelligenza completamente diversa dalla nostra, con processi interiori, percezioni e finalità che sono completamente aliene per il noi e, di conseguenza, incomprensibili. Da questo punto di vista cose come i lupi mannari, i vampiri o gli alieni di H.R. Giger non sono molto più inquietanti di un'auto impazzita che sta venendo nella tua direzione. Se un qualcosa con zanne o denti lunghi come la leva “a capo” di una macchina da scrivere avanza verso di te, probabilmente non ti porrai molte domande sulle sue motivazioni e neppure sulle tue: evidentemente sta cercando di ucciderti e tu, altrettanto evidentemente, preferiresti non essere ucciso.
Essere uccisi, che sia a causa di un tumore, di un camionista ubriaco e segaiolo oppure di una mummia ritornata in vita per compiere una vendicativa maledizione...  sono tutte cose a cui, come esseri umani, dovremmo probabilmente essere abituati. Qualcosa vuole ucciderci, spesso un qualcosa di mostruoso e terribile: è praticamente una nostra costante compagnia sin dal Paleolitico!
Molto più allarmante, a mio parere, è un'entità di cui non abbiamo la più pallida idea di cosa voglia:  ad esempio il nano danzante di Twin Peaks invece dei claudicanti cadaveri a caccia di cervelli dei film di zombie.
Una simile inconoscibile entità non deve neppure voler fare del male oppure essere consapevole della nostra esistenza per atterrire. Il solo fatto della sua natura totalmente aliena e insondabile è sufficiente a perseguitarci e ossessionarci per sempre al punto che potremmo finire col desiderare piuttosto di incontrare un bel classico sasquatch furioso.

6. Qual è il tuo romando preferito di sempre? Ti piace Dostoevsky?
Sì mi piace parecchio Dostoevsky anche se ho letto molto poco dei suoi lavori. Credo che fosse uno scrittore relativamente senza paura che, per il suo tempo, ha esplorato aspetti crudi e sgradevoli della condizione umana e alcuni gelidi recessi della nostra psiche e delle nostre emozioni. Riguardo il mio romanzo preferito di sempre, come detto in altre occasioni non penso affatto secondo simili categorie per cui qualsiasi scelta sarebbe arbitraria ed effimera. Detto ciò in questo esatto momento (le 10:30 di mercoledì 28 Ottobre), sono portato a consigliare, ancora una volta, Il Terzo Poliziotto di Flann O’Brien, un’opera che è più strana, divertente e molto meno russa di Dostoevsky ma che, a suo modo, tratta probabilmente le stesse tematiche.
Se invece state cercando qualcosa di strano, divertente e russo non cascate male con Il Maestro e Margherita di Mikhail Bulgakov. La scelta è vostra; i nomi russi scritti probabilmente in modo errato sono colpa mia, invece.
William Burroughs. Foto di Kate Simon.
7. Quali autori o opere ti hanno maggiormente influenzato in campo letterario?
Se devo essere onesto quasi tutto quello che ho letto mi ha influenzato, sia in senso positivo che in quello negativi. Tra gli autori che mi hanno maggiormente segnato direi William Burroughs, per la decisa e sciamanica energia che metteva nella sua scrittura e nelle sue idee; il non-musicista Brian Eno semplicemente per il suo approccio alla creatività in sé, eternamente curioso e avventuroso; e, più di recente, lo straordinario Iain Sinclair per l'intensità dell'assalto e la crepitante forza che scaturisce dal suo furioso approccio al linguaggio.

8. Qual è la cosa più lovecraftiana o spaventosa che hai trovato nella tua barba? Grazie!!
Credo sia stata una enorme falena, ancora viva, che riuscì ad intrufolarsi nella mia barba durante una visita alla casa di Steve Moore, qualche anno fa. Sebbene comprenda che la cosa non lasci una impressione favorevole circa la mia attenzione per la cura del mio aspetto fisico, non ho la minima idea di come o quando la falena si sia cacciata in quella indesiderabile situazione e per quello che ne so potrebbe essersi schiusa e aver raggiunto la maturità senza conoscere altro mondo se non un labirinto impenetrabile di grovigli grigiastri. Ah!, un’altra cosa orribile oppure un portale per un regno oscuro che può nascondersi nella mia barba, secondo l’atlante The Onion’s Our Dumb World, è… la regione dell’Essex.

9. Una tua fantasia?
L'ultima volta che ho fantasticato avevo all'incirca quindici anni e tutto quello che mi sono immaginato si è poi avverato, fino al più piccolo dettaglio. Per cui puoi scommettere che non lo rifarò mai più.

10. Tra tutti gli straordinari personaggi che hai creato qual è quello che più ti assomiglia? Quello nel quale ti identifichi maggiormente?
Per molti versi sarebbe giusto dire che ogni personaggio che ho scritto - uomo, donna, umano, alieno, buono, cattivo o quant'altro -  è, in un certo senso, un'ipotetica estensione di me stesso, perché, stante la mia esperienza, è il solo modo per scrivere personaggi davvero convincenti: scopri un aspetto dimenticato o represso della tua personalità e lo gonfi fino a costruirci sopra una tipologia credibile di personaggio. Ad ogni modo, il personaggio in tutta la mia produzione che, per scelta consapevole, più si avvicina a me stesso è Alma Warren, un'irragionevole donna artista in post-menopausa che è la sorella maggiore del protagonista di Jerusalem, il mio romanzo di prossima pubblicazione. Lei, per quello che posso dire dalla limitata prospettiva di stare dentro me stesso, sono praticamente io... anche se nella vita reale sono molto più bello fisicamente, ovviamente, e molto meno vanesio.
Lucia Joyce.
11. Che cosa succede quando scrivi?
Probabilmente non dovrei fare favoritismi ma, a mio avviso, questa è forse la domanda più interessante che mi sia stata posta in tutto l’anno.
Non lo so. Non so cosa succede quando scrivo perché non sono certo che esista un linguaggio adeguato per descrivere, persino a se stessi, cosa significhi davvero usare la lingua con uno scopo ben preciso.
So che la mia coscienza, se sono immerso nella scrittura di qualcosa di impegnativo, si sposta in uno stato completamente diverso da quello in cui sono durante la maggior parte della mia vita da sveglio. Ma non è neppure come sognare poiché è molto più focalizzato e ho maggior controllo.
Se sto scrivendo, come spesso faccio, qualcosa che richiede la manipolazione della struttura o del vocabolario della lingua inglese, allora mi ritrovo davvero dentro spazi mentali piuttosto inusuali.
Scrivendo il capitolo su Lucia Joyce in Jerusalem, “Round the Bend” [“Fuori di Testa”, N.d.T.], mi sono ritrovato sotto una sorta di cascata sinaptica che mi ha indotto una delirante, felicità da espansione mentale. Invece, scrivendo nel collassato gergo del futuro di Crossed +100, mi sono un po’ depresso semplicemente dovendo utilizzare una lingua limitata e di conseguenza un numero limitato di cose che i personaggi potevano pensare, o sentire o concepire.
Quello che sospetto succeda è che tutta la nostra realtà neurologica può essere vista, al suo più immediato livello, come costituita da parole. Quando si scende a questo livello della nostra realtà - al “codice segreto” della nostra realtà, se preferisci chiamarlo così - allora che lo faccia consciamente o no, in modo deliberato o no, stai avendo a che fare con… la magia.
Per cui la risposta alla domanda su cosa succeda quando sto scrivendo, è la più banale e inutile delle risposte che mai riceverai da un autore: la magia accade.
Spero che il fatto che sia io a dire una cosa simile e che sia assolutamente convinto di quanto affermo, unitamente a tutte le potenziali terribili implicazioni, sia sufficiente per far sembrare una simile risposta un po’ meno stupida.

12. Che cosa pensi delle nuove generazioni? Stiamo migliorando o peggiorando?
Beh penso che, come per qualsiasi generazione, stiate facendo contemporaneamente meglio e peggio e, credo, che col passare del tempo, i miglioramenti siano superiori ai peggioramenti. Considerando che il mondo con cui avete a che fare è di esorbitante complessità credo ve la stiate cavando piuttosto bene. La mia unica preoccupazione - e non è una preoccupazione specificamente rivolta alla tua generazione - è che troppe persone possano evitare la complessità del mondo per ritirarsi in qualcosa di più semplice, confortante e sostanzialmente paralizzante come la nostalgia oppure il desiderio per una infanzia perduta e priva di complicazioni.
Affrontare il presente ha sempre richiesto una notevole dose di coraggio e audacia. Cercare d’essere all’altezza dei tempi in cui si vive è tutto quello che ciascuno di noi, qualsiasi sia la sua generazione, può sperare di fare.

13. Parlando di cinema mainstream, quale pensi sia il film horror più erotico?
Questa è una domanda un po’ infida. Se rispondessi, ad esempio, Godzilla, allora la gente potrebbe legittimamente interrogarsi sui miei gusti sessuali fino a quando continuerò a scrivere. A dire il vero non penso che i film horror siano particolarmente erotici, al contrario penso che molti film erotici siano... orribili.
Copertina di Providence N. 8. Illustrazione di Jacen Burrows.
14. Vedi la possibilità di un significativo spostamento a sinistra nei Paesi anglofoni stante i positivi riscontri di Corbyn/Trudeau/Sanders? Anche se non voglio dire che loro tre siano identici.
Fa certamente piacere sentire qualche voce di sinistra in un mondo dominato da avidi e spietati programmi di destra e la vittoria di Trudeau in Canada va, naturalmente, salutata come un modo di invertire la tendenza rispetto alle recenti suicide politiche ambientali di un Paese con un passato, in quel campo, esemplare.
Sandersè un caso interessante, che sta emergendo negli Stati Uniti, nazione che sembra essersi goduta finora la relazione fobica con qualsiasi proposta che avesse il più vago odore di socialismo. Auguro a tutti loro ogni bene e di sicuro l’auspicio è che possano prefigurare il ritorno a più basilari e dignitosi valori umani ma, credo, che nel lungo temine dovremmo accettare il fatto che il modello standard di un moderno governo democratico non è più (a) il lavoro, (b) l’interesse delle persone comuni rispetto ad un élite che appare immorale; (c) o persino, la democrazia. Ora abbiamo a disposizione alternative più intelligenti e democratiche e dovremmo incominciare a pianificare sfruttando questo fatto prima che la situazione peggiori ancor di più. Per quanto mi riguarda sarei interessato nel vedere la scienza moderna giocare un ruolo maggiore nei governi: una politica basata sulle evidenze sarebbe un approccio piuttosto inedito e gratificante alla governance.
Quello che voglio dire è che dovremmo sostenere quei pochi raggi di luce che si fanno strada tra la tossica copertura nuvolosa dei conservatori ma dovremmo anche pensare al futuro - che è qui, ora – e dovremmo davvero avere un Piano B che preveda un più ampio e radicale cambiamento.

15. In che modo usi la magia nel tuo lavoro? Quale procedimento o metodo segui?
L’utilizzo della magia nel mio lavoro è cambiato significativamente nei circa vent’anni che sono passati da quando ho iniziato. Se all’inizio prestavo molta attenzione ai rituali e agli esperimenti magici - sia perché era l’unico modo consigliato per trattare simili cose sia perché erano esperienze molto eccitanti e pirotecniche -  al giorno d’oggi ho interiorizzato le mie idee sulla magia al punto che percepisco qualsiasi attività creativa che faccio come un atto magico.
Metto lo stesso livello di magica consapevolezza, percezione e concentrazione in un capitolo di Jerusalem o di Providencedi quella spesa nei rituali che sono alla base di Sacco Amniotico o Angel Passage. Sostanzialmente ho capito che Arte e Magia sono esattamente la stessa cosa.
Questo non è un modo per sminuire la Magia, non vuol dire che alla fine dei conti si tratta “solo” di Arte ma, invece vuol dire che l'Arte è un qualcosa di molto, molto più grande di quanto il suo attuale, degradato stato di merce o di semplice prodotto riempi-tempo potrebbe lasciarci supporre.
Se la tua visione del mondo presuppone che tutta la realtà che percepiamo è costituita da parole e credi che certe intense forme di linguaggio possano, di conseguenza, essere capaci di alterare questa percezione, allora prendere in mano una penna o sederti di fronte ad una tastiera assumeranno tutto un altro significato.

[L'intervista completa può essere letta in originale QUI.]

recensioni in 4 parole [38]

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Fumettista a cuore aperto.
Osare sfidare il futuro.
E si mette male.
Sperimentare: si può fare.
*********
Abbiamo detto 4 parole su:
di Joann Sfar
Editore: Rizzoli Lizard
Formato: brossurato, 256 pagine, bianco e nero
Prezzo: € 18
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI
Editore: Mammaiuto
Formato: webcomics
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI

Providence N. 6(in Inglese)
di Alan Moore (testi) e Jacen Burrows (disegni)
Editore: Avatar Press
Formato: spillato, 40 pagine, colore
Prezzo: $ 4.99 (USD)
Anno di pubblicazione: 2015
Per qualche parola in più: QUI(in Inglese)
di AA.VV.
Editore: SBE
Formato: brossurato, 96 pagine, colori
Prezzo: €4.50
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI

Alan Moore: L'Arte della Magia

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Alan Moore fotografato da Joe Brown.
Nel seguito potete leggere la traduzione di un'interessantissima (a mio modesto e personale parere) intervista ad ALAN MOORE incentrata sui temi della Magia e della creatività (ma non solo, si parla anche, ovviamente, di Fumetto).
L'intervista, condotta da Sam Proctor, è stata pubblicata il 12 Febbraio scorso sul sito Pagan Dawn.

Segnalo inoltre che una versione ridotta, in Inglese, è stata stampata sul numero 196 della rivista Pagan Dawn, acquistabile qui.

Un sentito e doveroso grazie a Sam Proctor e ad Andy Stout, news editor di Pagan Dawn, per la loro autorizzazione alla traduzione e pubblicazione su questo blog.
intervista a cura di Sam Proctor

Sam Proctor: Hai dichiarato che il tuo interesse per la Magia è nato mentre facevi ricerche sulla Massoneria per From Hell e hai annunciato la tua intenzione di diventare un mago, aderendo alla Magia cerimoniale, in occasione del tuo quarantesimo compleanno. Raccontaci che cosa ti ha portato a un simile cambiamento radicale della tua vita.
Alan Moore: Come ci si potrebbe aspettare, alla mia decisione hanno contribuito numerosi fattori. Uno di questi, in realtà non collegato all'accidentale ricerca sulla Massoneria, è stato un dialogo che avevo fatto pronunciare al personaggio principale di From Hell, in cui si affermava che il posto in cui gli dei indiscutibilmente esistono è dentro la mente degli uomini, in cui sono reali in tutta la loro “grandezza e mostruosità”.
Ulteriori considerazioni sulle implicazioni inerenti questo testo, da me casualmente scritto, non mi hanno dato modo di confutarlo e pertanto mi sono trovato a dover apportare delle modifiche alla mia precedente e troppo limitata visione razionale.
I territori della Magia, fino ad allora mai esplorati, mi sono sembrati l’unica area del sapere che, potenzialmente, potesse offrirmi un modo per affrontare queste intriganti nuove idee. Autoproclamarmi mago, con l’annesso rischio di coprirmi di ridicolo e di perdita di reputazione, mi è parso, al tempo, un primo ma necessario passo in una radicale estensione della mia identità, opinione che confermo tuttora. Ovviamente, avere il coraggio di fare un simile, potenzialmente disastroso, salto nel buio, intellettualmente parlando, è stato grandemente agevolato dal fatto che mi trovassi in un pub per motociclisti a festeggiare il mio compleanno, i Jazz Butcher stavano suonando ed ero piuttosto ubriaco.
Vignetta da From Hell, capitolo 4, pag. 18. Disegni di Eddie Campbell.
Che tipo di relazione hai con Glicone e perché lo hai adottato come tua divinità protettrice?
Steve Moore [sceneggiatore di fumetti di recente scomparso, nessun legame di parentela con Alan], che era esperto di queste cose, mi disse che un modo efficace per entrare nel mondo della Magia era quello di adottare una qualche forma di divinità come dio protettore e focus rituale, cosi come aveva fatto lui stesso con Selene, divinità greca della Luna.
Avrei potuto trovare un dio che mi andasse a genio oppure aspettare che fosse lui a trovare me. Passò poco tempo, mentre Steve mi mostrava un libro di antichità tardo-romane, mi imbattei in una foto di una statua di Glicone, quella ritrovata a Costanza, in Romania, nel 1962. In quella immagine, al contempo profonda e comica, trovai quello che stavo cercando.
Dopo quella iniziale istintiva adozione del dio-serpente come mia personale divinità simbolica il nostro legame divenne più profondo, sia attraverso quello che mi sembrò essere un primo spettacolare contatto diretto con una sua manifestazione – in quel periodo avevo ancora bisogno di risultati eclatanti per convincermi che il percorso che avevo scelto aveva un qualche valore – sia grazie alla maggiore comprensione di quell'entità simbolica grazie a scrupolose letture e riflessioni.
Il mio legame con Glicone, sebbene necessariamente pirotecnico 20 anni fa, è diventato parte della mia stessa personalità e del mio modo d'agire, e mi sembra un modo più adatto e rispondente alla mia attuale fase di attività magica, in cui non ho alcun bisogno di visionarie rassicurazioni. Al contrario, per me Glicone è più reale, più presente e più interiorizzato ora di quanto lo fosse durante quei stupefacenti primi anni.
Pensi che la magia possa fornirci un modo di vedere, capire e relazionarci col mondo e con noi stessi che la Scienza e la Psicologia non possono darci?
Nel libro di prossima uscita, Moon & Serpent Bumper Book of Magic,sosteniamo che la coscienza, preceduta dal linguaggio, a sua volta preceduto dalla rappresentazione (e quindi dall’arte) sono tutti fenomeni comparsi all’incirca nello stesso momento nodale dello sviluppo umano e tutti loro verrebbero percepiti come Magia, un termine collettivo che include tutti quei concetti radicalmente nuovi nati dalla scoperta del nostro mondo interiore.
Questo ci permette di proporre una definizione di Magia come un “consapevole relazionarsi con i fenomeni e le possibilità della coscienza”.
Poi continuiamo sostenendo che in origine tutto il sapere e la cultura dell’Umanità era inglobato in una visione magica del mondo e poi l’avvento della società urbana e la specializzazione delle professioni hanno gradualmente spogliato la Magia delle sue funzioni sociali.
Prima le religioni organizzate hanno eliminato la sua capacità spirituale, mentre un connesso aumento del numero di scrittori, artigiani e artisti avrebbe rimosso il suo ruolo di sorgente dispensatrice di visioni. I visir usurpavano il compito tribale dello sciamano di consulente politico. Rimaneva ancora la funzione vitale della ricerca alchemica, dei metodi di guarigione e lo studio del mondo interiore quali fruttuose aree d’investigazione magica fino a che il Rinascimento e l’avvento dell’Età della Ragione hanno delegato le prime due ai campi emergenti della scienza e della medicina e, intorno al 1910, la terza è stata resa obsoleta da Freud e Jung e la loro nuova “scienza” psichiatrica.
Noi suggeriamo che tutta la cultura su cui oggi ci basiamo non è altro se non il cadavere smembrato della Magia (anche se in qualche modo mantiene un'apparente capacità di parlare) e questo procedimento, senza alcun dubbio essenziale, è esemplificato nel principio alchemico del “solve” o analisi.
La nostra tesi è che ora sia necessario il processo complementare, “coagula” o sintesi, in modo da portare a termine questa formula importantissima. In conclusione suggeriamo che l’Arte e la Magia dovrebbero avere un legame più stretto con grande beneficio di entrambe le parti coinvolte, come
affermato nel mio saggio Fossil Angels; il passo successivo dovrebbe essere quello di accrescere l’esistete legame tra l’Arte e le scienze, compresa la psichiatria, scienza che in altra occasione ho descritto, senza voler mancare di rispetto, come “occultismo in camice medico”.
Il passo finale, quello più importante e problematico, sarebbe promuovere un legame tra scienza e politica, facendo sì che le decisioni politiche venissero prese alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, utilizzando i progressi fatti dalla scienza, ad esempio per la risoluzione dei conflitti, ai fini del generale miglioramento dell’Umanità.
Per rispondere finalmente alla tua domanda, tra le tante cose che la Magia offre c’è una plausibile e, io credo, razionale visione del mondo in cui scienza, psicologia e tutti gli altri campi che ho citato sopra, sono uniti insieme e legati in modo significativo in una onnicomprensiva, unificata scienza dell’esistenza da cui tutte le altre si sono originate. (Paracelso, praticamente il padre della Medicina moderna, fu anche il primo a utilizzare il termine “inconscio”, circa quattrocento anni prima della successiva appropriazione da parte della psicoanalisi.)
Con la Magia, per lo meno secondo la nostra definizione, il principale beneficio in termini di comprensione del mondo è che ci offre un sistema coerente e sensatamente integrato con cui relazionarci. Inoltre, a differenza di tutti gli altri ambiti sopra citati, tranne solamente l'arte e la creatività, la Magia è totalmente basata sui principi dell'estasi e della trasformazione, aspetti che crediamo costituiscano il vertice dell'umana esperienza e, pertanto, dolorosamente assenti nella società contemporanea.

Hai detto d’aver letto o sentito da qualche parte che Einstein teneva una copia aperta sulla sua scrivania de La Dottrina Segretadella Blavatsky.
Einstein lavorava molto con l’immaginazione e dichiarò di essere giunto alle sue teorie attraverso la visualizzazione. C’è una barriera da abbattere che separa le scienza materiali e quelle occulte da cui la conoscenza comune potrebbe trarre beneficio?
Il caso di Einstein è un buon esempio. Dichiarò d’aver avuto l’ispirazione per il suo lavoro sulla relatività durante un visionario sogno ad occhi aperti in cui si vedeva correre, testa a testa, a fianco di un raggio di luce. James Watson, co-scopritore insieme a Francis Crick del DNA, si dice ne dedusse la struttura dopo aver sognato scale a chiocciola. Sir Isaac Newton era un alchimista che inserì a forza l’indaco nello spettro luminoso poiché l’alchimia aveva un debole per il numero sette.
Si potrebbe affermare che da quando Scienza e Magia sono state separate ognuna di loro ha perso qualcosa di vitale: la Scienza ha rinunciato alla capacità di investigare qualsiasi tipo di mondo interiore mentre la Magia, in un certo senso, sembra aver perso gran parte della sua capacità di discernimento razionale. Come già detto, riunire queste aree separate della ricerca umana sarebbe, credo, di grande beneficio per entrambe le parti in causa.
Promethea. Disegni di J.H. Williams III.
Vedi un legame inestricabile tra magia, immaginazione e creatività, un'idea rimarcata in Promethea.  Puoi spiegarci questa connessione?
Come detto in precedenza, è mia opinione che Arte, Linguaggio, Coscienza e Magia siano tutti aspetti dello stesso fenomeno. Considerando l'Arte e la Magia quasi del tutto intercambiabili, il regno dell'immaginazione diventa cruciale per entrambe.
Il cabalistico reame lunare dell'Immaginazione si chiama Yesod, una parola ebraica che significa “Fondamento”.
Questo lascia intendere che l'immaginazione è l'unico fondamento da cui dipendono tutte le più elevate attività della mente e, inoltre, il mezzo attraverso il quale esse diventano raggiungibili. La Magia, nella nostra accezione, sembra essere intimamente legata alla creatività e alla creazione, qualsiasi sia il significato che attribuiamo a questi termini.

La serie di Promethea è stata descritta come un “viaggio cabalistico” e offre un’incredibile carrellata delle scienze occulte. Apre una porta su quel mondo e sembra invitare le persone ad approfondire l’argomento. Era questa la tua intenzione?
Il mio obiettivo originale per Promethea, personaggio di cui non detengo i diritti e di conseguenza ci penso davvero poco di questi tempi, era di creare un modello più immaginifico e meglio concepito di moderno supereroe, usando le donne delle copertine realizzate da Margaret Brundage e le eroine pulp di Leigh Brackett come spunto iniziale.
Nel giro di uno o due numeri, iniziai a pensare a come un simile personaggio potesse evolvere per farsi lucido portavoce delle idee sulle Magia su cui da tempo riflettevo ed erano al centro del mio pensiero e del mio approccio alla creatività.
Più avanti nel corso della serie ci sono interi albi dedicati all'esplorazione di ognuna delle Sefirot dell'Albero della Vita.

È vero che hai scritto le emozioni che i personaggi provavano mentre ti trovai in uno stato di meditazione rituale?
Avevo iniziato a esplorare le Sefirot inferiori qualche tempo prima d'iniziare a scrivere Promethea: le Sfere dalla sesta alla decima le ho esplorate tramite la combinazione di rituali inventati e di droghe psichedeliche.
Una volta raggiunto quel punto nel mio “viaggio cabalistico”, avevo bisogno di fare esperienza diretta delle Sfere più elevate in modo da poterne parlare al lettore, mantenendo un senso di autenticità. L’accesso alla sfera di Chokhmah l’ho ottenuto usando lo stesso metodo descritto sopra mentre per le altre ho deciso di verificare se un’intensa meditazione di scrittura creativa fosse sufficiente come mezzo per entrare in quei reami della coscienza e dell’essere.
Usando il criterio “se non riesci a immaginare come sarebbe allora non hai davvero raggiunto quella Sfera”, mi sono reso conto di riuscire a esplorare tutte quelle Alte Sfere con piena soddisfazione.
Kèter è stata una parziale eccezione: ho mangiato un bel pezzo di hashish, ho scritto le prime tre pagine dell’albo e poi, praticamente… sono svenuto.

Promethea contiene un concentrato di conoscenza esoterica sotto diversi punti di vista. Oltre ai testi e ai disegni, ad esempio, gli albi dedicati alle Sefirot mostrano una colorazione specifica per ciascuna Sfera. Questo ricorda i Tarocchi della Golden Dawn, che usano i colori delle Sefirot e altri più accessi per gli sfondi in modo che chi li utilizza possa assorbire informazioni immediatamente al primo sguardo. Il livello dei dettagli in Promethea è incredibile: era tutto pianificato prima di iniziare oppure è qualcosa che è nato e cresciuto cammin facendo?
Come detto, l’idea iniziale era indirizzata verso una narrazione molto più convenzionale e il progetto si è sviluppato in modo naturale man mano che andavamo avanti.
Riguardo lo schema cabalistico dei colori, al tempo avevo assimilato la lezione secondo cui - mentre i numeri, le gemme, le piante, gli animali, i profumi e le divinità sono attributi delle varie Sfere - i colori si dice siano essi stessi le Sefirot.
Anche se non eravamo sicuri sulle scale cromatiche che sarebbero state appropriate per dei fumetti moderni, abbiamo deciso di restare fedeli a quell’idea e, grazie allo straordinario lavoro di Jeromy Cox [il colorista di Promethea, N.d.T.], siamo stati ricompensati con una stupenda e coinvolgente dimostrazione del potere evocativo in “stile” cabalistico.

Il disegnatore J.H. Williams III  ha dichiarato che il numero sull’Abisso riscosse il suo tributo da tutte le persone coinvolte nel progetto. Ci sono stati altri episodi significativi durante la realizzazione della serie?
Beh, prima della creazione dell’albo su Chokhmah, ci fu quello che accadde in compagnia di Steve Moore nella notte di venerdì 12 Aprile 2002, quando cercammo di stabilire se qualcun altro potesse vedere la dea della Luna che Steve aveva cercato di evocare per quasi un mese, come ho raccontato in Unearthing, un mio scritto psico-biografico.
Non solo l’esperimento si rivelò un successo ma, quella stessa sera, una voce nella mia testa (stranamente era la mia stessa voce ma indipendente dalla mia volontà) mi disse che ero diventato un Mago cosa che, allucinazione o meno, decisi di prendere sul serio. Inoltre ricevetti la ferma convinzione che Promethea N. 32 sarebbe stato l’albo conclusivo della serie e in qualche modo sarebbe stato ideato in modo da diventare un doppio poster psichedelico.
Dopo che Steve se ne andò trascorsi diverse ore a scrivere la sceneggiatura dell’albo su Chokhmah - era il numero 22, qualcosa del genere - sotto la spinta di un’energia informe e spontanea, un tratto caratteristico di Chokhmah. Certo ancora lontano da Moorcock ai suoi massimi ma perlomeno tra i miei lavori migliori.
Da allora la mia vita e il mio modo di vedere le cose sono notevolmente cambiate.
V for Vendetta. Disegno di David Lloyd.
Hai sempre rinnegato gli adattamenti cinematografici dei tuoi fumetti insistendo che non potessero essere trasposti in un altro medium, come hanno dimostrato Zack Snyder e Stephen Norrington rispettivamente con i film di Watchmen e La Lega degli Straordinari Gentlemen. È evidente che Promethea non avrebbe potuto funzionare in nessun altro mezzo espressivo. Perché il Fumetto rappresenta un’esperienza così diversa?
Non sono sicuro che i fumetti siano davvero un’ “esperienza diversa” al contrario sono convinto che quasi tutti i possibili adattamenti di una storia in un altro medium differente da quello per cui era stata pensata probabilmente risulterebbero inutili, se non una completa banalizzazione e uno stravolgimento dell’idea originale.
Parte del piacere di leggere un fumetto è data dal fatto che le immagini sulla pagina non si muovono, non fanno rumori, e spingono il lettore a contribuire a quel lavoro davvero genuinamente piacevole di costruire - loro stessi - la storia, così come succede nel famoso detto “le immagini sono meglio alla radio”, a cui potremmo aggiungere “le voci sono più convincenti in un libro”.

C’è stata davvero qualche avvisaglia di un possibile film su Promethea?
Data l’assenza di contatti tra me e sia l’industria dei comics mainstream che quella cinematografica non ne ho mai sentito parlare e in ogni caso avrei espresso il mio disinteresse.
Credevo che la gente avesse capito che prendere creazioni, da me disconosciute, e portarle - nonostante i miei migliori consigli - sul grande schermo ha la tendenza a causare un fiume di anarchici che si riversano per i palcoscenici del mondo vestiti come il personaggio principale di V for Vendetta. Il tentativo di fare un film su Promethea causerebbe di sicuro un’apocalisse ma probabilmente sarebbe un argomento di cui parlare con la Warner Bros piuttosto che con me.

Promethea è l'ultima in una lunga lista di donne protagoniste nei tuoi fumetti, a partire dal rivoluzionario personaggio di Halo Jones per 2000AD. Che cosa ti attira nello scrivere personaggi femminili?
Non penso d'aver scritto più storie con protagoniste femminili rispetto a quelle con personaggi maschili. Se sembra ci sia una predominanza di donne nei miei fumetti probabilmente è frutto del tentativo di affrontare lo sbilanciamento di genere prevalente nella nostra cultura enfatizzando la prospettiva femminile dal mio piccolo ambito culturale.
D'altra parte in Providence, la mia serie su Lovecraft in via di completamento, ci sono pochissimi personaggi femminili e, dato che l'opera di basa sulla nota avversione di Lovecraft per le donne, quelle che compaiono si rivelano essere dei mostri spaventosi.

In Fossil Angels, il tuo saggio del 2002, hai lasciato intendere che i riti e il linguaggio che circondando la Magia sono tra le cause che hanno contribuito a tenere lontane le persone. Promethea è stato un modo per superare queste barriere e risvegliare le masse nei confronti delle tradizioni magiche?
Il principale obiettivo del Moon & Serpent Grand Egyptian Theatre of Marvels (di cui Promethea ha fatto ufficiosamente parte), sin dalla sua origine, è stato di comunicare concetti riguardanti la Magia nel modo più lucido e accattivante.
Nel nostro Bumper Book of Magic ci spingiamo oltre e richiediamo a gran voce che i maghi moderni si posizionino al centro della nostra società piuttosto che appostarsi ai margini, confrontandosi con la Scienza, l’Arte, la Politica, la Filosofia e i temi sociali avendone tutti i diritti e, così facendo, ristabilissero un legame col popolo, con la gente normale, per cui la Magia è stata, in origine, concepita come servizio e mezzo di “illuminazione”.

Stavi lavorando a The Moon and Serpent Bumper Book of Magic con Steve Moore, scomparso qualche anno fa. L'opera ha l'obiettivo di presentare il sapere esoterico in maniera comprensibile da chiunque. È corretto dire che si tratta di un naturale sviluppo rispetto a quello che hai fatto su Promethea? A che punto è il libro?
Credo sarebbe più accurato dire che Promethea è stato un primo, istruttivo tentativo, una proposta Moon and Serpent non ufficiale che ci ha aiutato a dare forma alle nostre idee per un grimorio più serio di cui avevamo sempre parlato di realizzare un giorno o l'altro.
L'ultimo saggio è concluso anche se ci sono delle altre sezioni del libro che devo ancora sistemare e proprio in questi giorni stiamo assegnando le parti da illustrare ai vari disegnatori.
Lo scrittore Steve Moore.
Quali fonti hai trovato più utili nel tuo viaggio nella Magia?
Tutto quello che ho letto mi è stato utile in qualche modo, persino le folli sciocchezze che vengono spacciate sull'argomento: mi hanno dato delle indicazioni su come non pensare.
Guardando al lato positivo, devo dire che l'opera di Robert Anton Wilsonè stata incredibilmente illuminante, William Blake e Austin Osman Spare mi hanno dato inestimabili indicazioni ma, soprattutto il riferimento massimo per la mia pratica magica e per la mia comprensione della magia è stato, senza alcun dubbio, Steve Moore.

In Fossil Angels hai affermato la necessità di un cambiamento epocale nell'approccio alla Magia. Credi che qualcosa sia cambiato da quando hai scritto quel saggio?
Di solito queste idee impiegano anni o decenni per attecchire fino ad acquisire visibilità. Sono sicuro che c'è stato qualche piccolo cambiamento di qua e di là ma non mi aspetterei di vedere ancora una reazione.
Credo ci sia ancora molto da fare per definire o ridefinire l'identità pubblica della Magia prima che un numero significativo di persone sia preparata a prendere sul serio una simile proposta.

Sempre più artisti sembrano aprirsi alla pratica magica o essere ben disposti nei confronti della Magia. Il tuo collega sceneggiatore di fumetti Grant Morrison è un seguace della Magia del Caos e  ha definito la sua serie The Invisibles come un iper-sigillo. Che cosa pensi dei lavori creati da questi “praticanti”?
Mi spiace ma non ho alcun interesse per Grant Morrison o per i suoi lavori e non lo considero neppure uno scrittore né un mago. Riguardo la Magia del Caos dal punto di vista di Moon & Serpent ci sembra si sia trattato di una visione inglese punkettara del più vasto movimento californiano della New Age, ed entrambi insistevano su un semplice (e semplicistico) sistema magico che avrebbe garantito soltanto benefici materiali senza alcun bisogno di noiosi studi o disciplina, con la New Age che si modellava sui peggiori eccessi stile arcobaleno-unicorno degli anni ’60 e il Caos Magic che finiva dritto nel guardaroba di Joey Ramone solo dieci anni dopo.
Con la recente mossa della Magia del Caos di evocare le divinità di H.P. Lovecraft per farle interagire “magicamente” con le entità del Mondo Disco di Terry Pratchett, pare evidente che sia la Chaos Magic che il movimento New Age fossero probabilmente più un’estensione della comunità degli appassionati di fantasy, un tentativo di cosplay astrale, piuttosto che sinceri tentativi di promuovere la causa della Magia.

Apprezzi molto Austin Osman Spare sia come artista che come mago. Ha avuto una grande influenza su di te sia in ambito artistico che in quello della Magia?
Naturalmente. Dopo William Blake, per cui provava grande ammirazione, Spare è l’esempio più evidente dell’equivalenza tra Magia e Arte. Come artista aveva un’ispirazione unica e originale. Come mago il suo talento è stato la cosa migliore dopo la Polaroid per registrare dove fosse stato e rendere la sua esperienza accessibile alle persone normali, ai non iniziati.
In Austin Osman Spare vedo un mago quasi perfetto, perlomeno a mio giudizio, e seguendo lo stesso metro, al contempo, lo considero un artista quasi perfetto. Così come per Blake non posso far altro che sottolineare e ammirare la fiera essenza morale su cui entrambi hanno basato la loro opera e le loro vite.
Come ho detto prima non c’è ragione di ritenere che la Magia sia una forza moralmente neutra, come l’elettricità. Infatti non sono neppure sicuro che l’elettricità lo sia.

Come nel tuo caso, Austin Osman Spare era indifferente allo sfarzo e ai cerimoniali dei gruppi organizzati e preferiva muoversi da solo. Inoltre credeva nel selezionare elementi da tradizioni diverse, che riteneva valide, per creare il suo modello personale, un approccio che richiama le tue stesse dichiarazioni. Diresti che a guidarti sia un principio gnostico?
Beh, in parte. Credo che sia molto probabile che il Cristianesimo sia un fraintendimento e una marchiana interpretazione letterale del simbolismo gnostico ma gli stessi Gnostici avevano assorbito gli insegnamenti di passate tradizioni come il neoplatonismo o il pensiero pitagorico.
Sostanzialmente mi identifico con gli originari principi dello sciamanesimo anche se sono felice di attingere a tutti gli incredibili sviluppi nel campo occorsi dai suoi primordi.
Glicone in un'illustrazione realizzata da Alan Moore.
Austin Osman Spare era un convinto sostenitore del “disegno automatico”. Hai mai utilizzato la tecnica della scrittura automatica per arrivare ad un’idea o per svilupparla?
L’unica occasione che ricordo in cui ho cercato di usare delle tecniche automatiche è stato mentre stavo lavorando con l’amico e compagno di progetti musicali Joe Brown su una canzone che era, direi appropriatamente, basata sulla vita di Spare e sulle sue tecniche.
Abbiamo registrato diversi suoni casuali prodotti nella vita di tutti i giorni, tra cui il rumore del vetro rotto o sfregato e il suono del respiro, e poi Joe si è tolto le scarpe e i calzini e ha suonato i campioni caricati sulla tastiera usando le dita dei piedi generando un incredibile flusso di inascoltabile rumore caotico da cui abbiamo estratto un paio di minuti, accidentalmente risultati interessanti, e li abbiamo messi in loop, usando la “melodia” così ottenuta per creare i testi relativi a Spare. Forse dovremmo tornarci a lavorare e finire la traccia, prima o poi.

La tradizione dei bardi nel Druidismo e il loro riferirsi all’Awen sono elementi in cui ti ritrovi?
Assolutamente. La tradizione bardica della Magia in cui la satira era comprensibilmente più temuta di una maledizione e l’autore era rispettato come un potente mago piuttosto che come uno che tira avanti ai margini dell’industria dell’intrattenimento è qualcosa che gli artisti, gli occultisti e gli scrittori attuali farebbero bene a riscoprire. Puoi uccidere o curare con le parole. Rialzate la testa!

Pensi che la magia cerimoniale sia qualcosa di accessibile e alla portata di chiunque, sia che si tratti di un Druido, Pagano, Cristiano, Buddista, Induista o quel che sia?
Beh, se le persone sono immerse in quello che Robert Anton Wilson chiama “tunnel di realtà” ed è la mentalità religiosa che fa percepire la magia come qualcosa di inesistente, malvagio o proibito, allora entrare in contatto con essa difficilmente potrà essere semplice e alla portata di chiunque.
Credo che il modo migliore per relazionarsi con la Magia sia avendo una mente davvero aperta e senza “brama di risultato”. Se la tua mente non è volontariamente predisposta in questo modo allora è molto probabile che l'esperienza magica la aprirà forzatamente come se si usasse un piede di porco, con conseguenze potenzialmente disastrose.
I preconcetti di natura religiosa o razionale, credo, siano quello che Blake chiamava “le catene forgiate dalla mente” e potrebbero rivelarsi in antitesi con la possibilità di fare autentici progressi in questo campo.

È noto a tutti che sia un sostenitore convinto di Northampton. È in parte dovuto al legame che senti con il luogo e con i tuoi antenati?
Mi sento legato ai processi storici, geografici, socio-politici e genetici di cui io sono il risultato. Inoltre, restando nello stesso posto si riesce ad avere una più profonda comprensione del suo significato e valore e, per estensione, del valore nascosto di qualsiasi luogo, dappertutto.
E naturalmente, come sottolineava Spike Milligan, “da qualche parte si deve stare”.

Raccontaci delle performance che hai fatto con il Moon and Serpent Grand Egyptian Theatre of Marvels. Avendo trascorso la maggior parte della tua carriera a scrivere su una tastiera quando è importante la dimensione “live” di questi eventi?
Al tempo delle performance, era come se ci venissero “comandate”. Mi è sempre piaciuto fare performance senza avere limiti. È un’esperienza molto diversa dallo stare a una tastiera, come tu stesso sottolinei.
Comunque sia, ultimamente ho declinato diverse offerte per apparizioni live e performance. Non credo sia la cosa su cui abbia più bisogno di concentrarmi al momento.
Per concludere, hai qualche consiglio da dare agli eventuali artisti e i maghi alle prime armi che stanno leggendo quest’intervista?
Sì. Ricorda che quando dico che Magia e Arte sono equivalenti non dovresti dedurre che stia affermando che la Magia è solamente Arte; che in qualche modo io stia cercando di sminuire la Magia fondendola con un qualcosa che chiunque ritiene normale e possibile.
Quello che in realtà affermo è che l’Arte è sempre soltanto Magia, che tutte le spettacolari ricompense che si dice siano conseguibili attraverso la Magia sono ottenibili con l’Arte, e che tutti gli angosciosi orrori e i pericoli che si reputano impliciti nella Magia sono similarmente connessi con l’attività d’artista o scrittore.
Approccia il tuo lavoro con lo stesso stupore, compassione, intelligenza e concreta cautela che useresti nel caso di un appuntamento con un presunto angelo, dio o demone. È certo che l’Arte può uccidere o portarti alla pazzia così come le sei dozzine di performer citati nella Goezia di Salomone  e, se dubitate di me, pensate a tutti artisti, poeti e attori distrutti o suicidi, una lista altrettanto lunga di quella contenente i nomi di Edward Kelly o Jack Whiteside Parsons.
Arte e Magia sono probabilmente le massime attività umane e un’interfaccia con l’eterno. Prendile seriamente; prendile seriamente e ricorda che la tua Arte e la tua Magia sono tanto grandi, tanto potenti, pericolose e magnifiche quanto TU stesso sarai in grado di concepirle come tali.
Praticatele per quello che sono e non nella speranza di ottenere ricchezza, potere o notorietà, o come un accessorio di stile. Questo è il significato della dedizione e se praticata in modo appropriato può cambiare te e il mondo che ti circonda.
Oh, e trovati un dio o un suo equivalente oppure, meglio, lascia che un dio o un suo equivalente ti trovino. Ti suggerirei un dio con una bella capigliatura, anche se questa potrebbe essere una mera preferenza personale.
Buona fortuna.

[Oldies but goldies] DAVIDE TOFFOLO 2000

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Davide Toffolo nel 2000.
Qualche anno fa (!), nell'Aprile 2000, su Ultrazine.org pubblicavamo un'intervista a DAVIDE TOFFOLO, già allora uno degli autori più interessanti del panorama fumettistico & musicale italiano: chiacchierata (con qualche ingenuità da parte mia) che ricordo con grande piacere e un tuffo nel passato che spero possa interessare i lettori di questo piccolo blog.
Ovviamente, tutto questo nell'ambito del recupero dei materiali di Ultrazine.org non più online. More to come.
Buona lettura!
DAVIDE TOFFOLO 2000
Confessioni di un artista

ULTRAzine: Il tuo esordio se non ricordo male è stato su Cyborg, la rivista di fantascienza adulta, curata da Brolli per la Star prima e per la sua casa editrice, la Telemaco, poi. Ricordo sul primo Cyborg una tua storia oscurissima, di horror urbano, che mi aveva molto colpito. Com’è stato l’inizio della tua carriera? Hai sempre pensato che il mondo del Fumetto fosse il tuo futuro?
TOFFOLO: A dire il vero prima di Cyborg c'è stato altro. Tic e la redazione milanese di Storie e Strisce, ancora prima Frigidaire. Poi la scuola Lyonel “Zio” Feininger dove ho conosciuto Igort, Brolli, Mattotti e ho avuto la fortuna di entrare in contatto con Magnus, Munoz e Sampayo, Scozzari.
Ma è con Cyborg che ho conosciuto bene Brolli, Palumbo e Semerano, tre tipi che amano i fumetti tanto che mi hanno contagiato. Non posso non ringraziarli per questo.

Nei tuoi lavori emerge una predilezione per le tematiche riguardanti l’adolescenza, i problemi universali del crescere, letti però in un’ottica narrativa che inserisce elementi surreali, fantastici. Questo mi sembra accada sia quando sei tu a scrivere e disegnare sia quando realizzi storie scritte da altri. A cosa si deve questa tua scelta narrativa?
Se intendi  le storie con Giovanni  Mattioli, la nostra è una scrittura a due mani. Piera ha più elementi del mio vissuto di qualunque altra storia io abbia affrontato e Animaliè ambientata nel quartiere dove ho vissuto la mia adolescenza. Non sono capace di disegnare cose che non scrivo... L'adolescenza è stato il mio territorio narrativo negli anni dal 1994 al 1999. L'indagine che ho spinto su questo fronte non so da dove è partita ma ho avuto molto tempo per capire alcune cose. Ho capito che per me l'adolescenza è il luogo dove l'Occidente si mostra più fragile, dove mostra tutte le sue mostruosità.
Cyborg N.6, Star Comics. Copertina di Daniele Fabbri.
L’altra componente che mi sembra d’individuare è un certo “vento” triste, malinconico, che attraversa le tue storie, si parla spesso di solitudine, di incomunicabilità, seppur equilibrato dal valore forte dell’amicizia. Pensi che questo mondo in cui viviamo sia veramente così problematico?
Lo dico senza retorica. Il mondo in cui viviamo è  falso, ha la lingua bifida e riesce a confezionare anche la merda. Ma in fondo mi piace la gente che si mette in discussione, mi piacciono le difficoltà che ti stimolano il cervello. Il mondo fa schifo e la gente che cerca di cambiarlo mi emoziona.

I film horror della Hammer, Tim Burton, Tod Browning, Fellini, Fregoli, la dolce vita, David Bowie... sono alcuni dei “sapori” che ritrovo nei tuoi lavori o è solo una mia illusione? Quali sono le tue fonti d’ispirazione?
Sono nudo e senza difese quando scrivo e disegno. Per questo sono trasparente rispetto alle cose che mi hanno influenzato. Amo alcuni visionari, Burton è quello che sento più “fratello”, in Kusturica mi  specchio, Pazienza mi ha fatto vedere quello che avrei voluto essere... comunque basta guardare un mio disegnino e tutto diventa trasparente. 

Riguardo il tuo stile di disegno mi è sempre parso un segno originale e poco “citazionista”. Quali sono stati i tuoi maestri? Spesso quando si parla di Toffolo spunta fuori il nome di Pazienza. Qual è il tuo legame con il Paz? Pensi che la sua lezione fumettistica sia stata recepita appieno?
Se qualcuno cercasse in me Pazienza, forse resterebbe deluso. Condivido con lui la voglia di raccontare il tempo che si vive. Ma il mio tempo non coincide con il suo. Non ho la sua prontezza meridionale, ma come lui penso di  parlare diretto. Penso che come nel suo lavoro, anche nel mio ho scelto di non avere filtri. Io e chi mi legge. Uno di fronte all'altro.
Dinamite N. 1 (Granata Press). Copertina di Davide Toffolo.
Come mai la tua predilezione per personaggi zoomorfi, sia in Piera che in Animali? È solo un fatto grafico?
No, sono le maschere che ho scelto per rappresentare i sentimenti. Come fanno i Giappo, o Spiegelman, o il teatro dell'arte. Stilizzare per poter parlare della vita... penso sia questo.

Come ti è venuto in mente il personaggio di Fregoli? E perché farlo interagire con Don Chisciotte?
Non so. Volevo il mio Casper, e non ho avuto paura che ci fosse un Bone in giro. Penso che il mio apparato digestivo mi aiuti e non mi dia mai la paura dell'originalità... cosi' volevo un fantasmino come Casper e l'ho fatto a modo mio. Lasciandomi guidare dallo stomaco.
Per quanto riguarda Don Chisciotte invece la cosa è più complessa. Volevo lavorare su un personaggio già presente nell'immaginario collettivo, un po' come fanno i giappo. Don Chisciotte è la letteratura, la pazzia, il progetto di resistenza alla realtà. È l'Occidente. Era già dentro di me.

Passiamo a “Fandango - Cinque Allegri Ragazzi Morti”.  Le storie dei Ragazzi sono le stesse inizialmente progettate per Dinamite (Granata Press-1995) o le hai rielaborate?
Sono tutte nuove, tranne le origini, che ho risceneggiato e ridisegnato ma nascono da quel calderone che è stato Dinamite.

Perché “Fandango” e non semplicemente “Cinque Allegri Ragazzi Morti”?
Voleva essere un luogo, non un serial... e così è un luogo, non un serial.

Devo dire che sono rimasto sorpreso dal fatto che l’editore fosse la Marvel Italia. Anche se dopotutto mi sono dato una mia spiegazione: gli adolescenti non sono poi così diversi dai mutanti... Non per niente si parla di “Generazione X”! È così, oppure sto immaginando tutto?
Mi piace quello che pensi ma la realtà è che Marvel è l'editore che permette più libertà agli autori. Non dico che siano “buoni”, ma la realtà è questa. Ortolani è libero nel fare Rat-Man, io altrettanto. Comunque lavorare con la Marvel mi ha permesso di allargare molto il mio pubblico, di costruire un esperienza produttiva che nessun altro editore mi avrebbe permesso e di sapere che, se stai con il lato “oscuro”, puoi anche avere tanti nemici, e in questo anno ne ho trovati tanti, ma ti senti forte e fiero... una specie di super eroe.

Come è lavorare per la Marvel?
Trovo Francesco Meo una persona intelligente e piacevole e Marco Lupoi, il capo, una persona serena, leggera e allo stesso tempo fortissima... mi comunicano sempre buone vibrazioni... sarà il  fascino di lavorare per il lato oscuro “Oscuro”?
Fandango N. 1. Copertina di Davide Toffolo.
Mi pare che in Fandango tu realizzi tutto, dai fumetti alle rubriche alla scelta per il Link... Pensi che Fandango sia il modo più riuscito di presentare Toffolo/Eltofo in tutta la sua tridimensionalità creativa e umana?
Questo è un po’ troppo. Fandango è il GIORNALINO che volevo fare.

Quali sono i criteri con cui scegli il “Link” di ogni numero?
Leggo, tutto quello che arriva o cerco in giro. Quello che mi piace pubblico. Preferisco gli inventori di mondi ai raccontatori di storie ma non è sempre facile incontrarli.

A proposito di Toffolo/Eltofo, sei mai stato in Messico? Hai assistito alla Festa dei Morti? Se sì, qual è stata la tua impressione?
Eltofo viaggia come Salgari, con la mente e con la penna. In Messico stavo per andare poi mi è venuta una paura folle che non riuscivo neanche ad uscire di casa e a fare la spesa... non ho capito se a causa del Messico o della chimica del mio cervello...

Oltre che per la Marvel Italia, tu hai lavorato per la Star Comics / Kappa Edizioni e per la Granata Press (per poco). Ti manca solo Bonelli... Scherzi a parte, cosa puoi dirci di queste esperienze? Dove ti sei trovato meglio, dove peggio?
L'orribile verità è che un autore è spesso solo con il suo lavoro. La Kappa Edizioni nell'ultimo anno mi ha fatto sentire molto solo. Ma mi prendo le mie responsabilità. Faccio il mio viaggio da surfista dell'editoria e so che non esistono editori-amici, o meglio, io non li voglio. Rispetto si, quello lo cerco. Non sono una persona di potere, sono un visionario che inventa storie. Non cerco la linea editoriale da ripetere, mi piacciono le sfide perciò continuerò a cercare editori coraggiosi... potrebbe essere anche un titolo per una prossima storia.

Ugo e Cristina: li hai inventati per il corso di fumetto di Kappa Magazine, o avevi in mente “Anatomia di un’Adolescenza” già da allora?
A dire il vero li inventai per una rivistina di Bologna che si chiamava Mongolfiera, poi la pubblicai per due anni  su Magazine Beautiful, ancora su un quotidiano locale ed infine su Kappa.

Perché Cristina gira sempre in mutande (e ultimamente anche senza)? È una scelta simbolica (la paura, il sentirsi vulnerabili) o semplicemente ti piace disegnarla così?
In realtà sono io che sto sempre in mutande. Stare in casa, per me, è stare in mutande. Godersi la propria intimità. Cristina ci fa godere la propria intimità.

Toffolo e i manga. Che cosa ti ha insegnato il fumetto giapponese? Perché piace così tanto?
È colpa della Tv e del talento degli autori giapponesi...
Eltofo fumettista, Eltofo musicista: quanto coincidono, e quanto si differenziano? Voglio dire: ci sono cose che ritieni meglio dire attraverso il fumetto, e altre attraverso la musica? O sono entrambi parte di uno stesso messaggio?
I Tre Allegri sono un gruppo... una super identità, non la proiezione dei miei pensieri.E anche le storie sono di proprietà altrui quando hanno la fortuna di essere lette da altri.

I video dei “Tre Allegri” sono basati sui tuoi disegni. Che sensazione ti dà vedere le tue creature “prendere vita”?
Sono un bambino davanti alle animazioni... perdo ogni difesa anche quando poi faccio la regia. Eppure i miei pensieri sui cartoni animati non sono mai stati cosi' ossessivi.. fra poco Fregoli... prima i Ragazzi Morti.

Quali sono i fumetti che hai letto di recente, anche vecchi, che ti hanno colpito?
Li elenco velocemente:
Cronache del grande male [di David B., in Italia edito da Rasputin, N.d.R.]
Non mi sei mai piaciuto [di Chester Brown, in Italia edito da Black Velvet, N.d.R.]

L’angolo della polemica: Che significato hanno per te (se hanno ancora un significato) le parole “alternativo” e “underground”?
Alternativo, è relativo a qualcosa, ha un connotato di “contro”... Underground... underground è il fumetto di un certo periodo specifico... a queste due parole preferisco INDIPENDENTE... che vuol dire che quello che fai è assolutamente tuo... senza mediazioni. Io produco cosi'. L'unica mediazione è la mia pancia? Quello che mi muove.

E per il gran finale due domande:
1) In tutta sincerità, cosa vede Eltofo nelle macchie di Rorschach?
Eltofo vede...dannatamente, ripetutamente se stesso.

2) Qual è il Vero Senso della Vita? (e della Muerte, già che ci siamo?)
Quello del film dei Monty Python.
Intervista a cura di smoky man (con il contributo di A. Pala)

Alan Moore: Una questione di passione

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Alan Moore in un ritratto di Mario Rivière.
Tanti anni fa su Ultrazine.org (il sito non è più online) curavo e pubblicavo uno speciale dedicato ad Alan Moore che fu, di fatto, alla base del libro del 2003, Alan Moore: Ritratto di uno Straordinario Gentleman. Nel seguito trovare un breve pezzo che scrissi personalmente - uno dei miei rari scritti, a dire il vero - che credo sia ancora... attuale. Datato 2001.

UNA QUESTIONE DI PASSIONE
In una recente intervista (disponibile qui; N.d.A.: il sito non è più online) alla domanda "Cosa è il fumetto per lei?", Mr. Alan Moore rispondeva:
"Il fumetto è per me una forma artistica di enorme importanza che è in gran parte marginalizzata e vista come insignificante. Più guardo al Fumetto, e più lo trovo interessante. Mi colpisce il fatto che i fumetti siano probabilmente la prima forma artistica dell'umanità, che una sequenza di immagini che raccontano una storia sia stata una delle più antiche forme di linguaggio, sia che si parli dei geroglifici egiziani o degli ideogrammi cinesi. [...] C'è ancora così tanto che potrebbe essere fatto con i fumetti, nuove forme che possono essere raggiunte e immaginate. Io lo faccio da vent'anni e non sono per nulla vicino ai limiti di quello che il Fumetto può fare. [...] Anche se l'attenzione della gente svanisse, questo non mi preoccuperebbe affatto. È ancora una forma espressiva con del potenziale, probabilmente suona arrogante ma sono la sola persona a cui interessi. Se io vedo del potenziale, allora quel potenziale c'è e non mi importa se gli altri non riescono a vederlo. Infatti, probabilmente vorrei essere l'unico che possa vedere questo potenziale: ci sarebbe di più per me, tutto un territorio vergine. [...] Non posso pensare ad un momento nel futuro in cui abbandonerò completamente il fumetto per un altro media. Penso che ci sia abbastanza per me perché continui a lavorare con diverse combinazioni di parole e immagini per il resto dei miei giorni. È un oceano sconfinato in cui potrei perdermi. Mi piacerebbe davvero vedere più persone immergersi."[Alan Moore]

In queste parole sta la chiave per capire.
Il punto di partenza per comprendere il vero potere del più grande scrittore il Fumetto abbia mai avuto.
In queste parole tutto diventa chiaro e possiamo sentire, come cosa tangibile, la passione che Mr. Moore ha verso il medium fumettistico. Questa passione è la naturale forza propellente che utilizza per immaginare parole e mondi.
È la passione che nutre la tecnica e la struttura, che da impulso perché crei anomali capolavori a fumetti come Watchmen, V for Vendetta, From Hell.
È la passione che lo rende felice di giocare con personaggi minori come Supreme o Mr. Majestic soffiando in loro una vita scintillante.
È la passione che muove il suo rispetto per il pubblico e per gli altri autori. Che da l'impulso perché scriva migliaia di parole per descrivere una singola vignetta.
Ed è ancora questo inestinguibile sentimento che guida Mr. Moore nelle acque profonde dell'oceano Fumetto mentre tutti gli altri stanno vicino alla costa.

Lunga vita al Capellone Genio Barbuto.
Lunga vita al Fumetto.

smoky man, Agosto 2001
Alan Moore ritratto da Bill Sienkiewicz. Illustrazione apparsa su TCJ N. 119 (1988).

recensioni in 4 parole [39]

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La società dei mostri.
Un bravo ragazzone americano.
Come è duro vivere.
Le tribolazioni del re.
*********
Abbiamo detto 4 parole su:
contiene: Il mostruoso banchetto
Soggetto e sceneggiatura: Alberto Ostini
Disegni: Paolo Bacilieri
e Ricordi di un’estate
Soggetto e sceneggiatura: Alberto Ostini
Disegni: Luca Genovese
Editore: Sergio Bonelli Editore
Formato: brossurato, 176 pagine, bianco e nero
Prezzo: € 6,30
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI

Capitan America: A che prezzo la gloria?
di Bruce Jones (testi) e Steve Rude (disegni)
Editore: Panini Comics
Formato: brossurato, 96 pagine, colori
Prezzo: € 5
Anno di pubblicazione: 2016
Soggetto e sceneggiatura: Alessandro Bilotta
Disegni: Pietro Vitrano
Copertina: Aldo Di Gennaro
Editore: Sergio Bonelli Editore; Collana: Le Storie N.42
Formato: brossurato, 114 pagine, bianco e nero
Prezzo: € 3,80
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI
 
Black Panther N. 1(in Inglese)
di Ta-Nehisi Coates (testi) e Brian Stelfreeze (disegni)
Editore: Marvel Comics
Formato: spillato, 40 pagine, colore
Prezzo: $ 4.99 (USD)
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI(in Inglese)

[Oldies but goldies] MIKE ALLRED 2001

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Mike Allred.
Continuando la riproposta di contenuti apparsi a suo tempo su Ultrazine.org (il sito non è più online), nel seguito potete leggere una intervista, condotta via email e pubblicata a Settembre 2001, con il grande MIKE ALLRED, il creatore di Madman, autore che seguo sin dalla prima metà degli anni '90.
Dal 2001 ad oggi Allred ha prodotto una miriade di altri albi, copertine e incursioni extra-fumetto, ma devo dire che sono tuttora molto fiero di quell'intervista, credo una delle prime (se non la prima in assoluto) apparse in Italia con l'autore americano.
Buona (ri-)lettura!
Madman N. 1 (1992, Tundra Publishing, Ltd.).
Intervista a MIKE ALLRED
Fumetti, musica & cinema per un uomo rinascimentale
di smoky man
(special thanks to Mike Avon Oeming)   

Michael Dalton Allredè tra gli autori di comics più innovativi ed apprezzati. Il suo primo lavoro professionale risale al 1989 sul volume Dead Air. Nel 1990 fa il suo esordio - sulle pagine di Creatures of the Id (Caliber) - Frank Einstein, alter ego di Madman, il personaggio più noto di Allred.
Con un segno lieve e pop (esaltato dagli splendidi colori della moglie Laura), storie avventurose e ricche di sense of wonder, Allred ha via via conquistato, grazie a Madman, lettori e critica, consegnando al Fumetto un classico.
Il segno riconoscibilissimo di Allred ha illuminato anche popolari icone fumettistiche come Sandman (in Sandman #54 - The Golden Boy), Spiderman (in Untold Tales of Spiderman‘96) e Superman (in Superman/Madman – Hullabaloo).
Attualmente è al lavoro per la Marvel sulla nuova, sorprendente incarnazione di X-Force (dal #116) su testi di Peter Milligan. Nel futuro rimangono altri progetti legati a Madman e agli Atomics.
Ma i fumetti non sono tutto per Mike Allred. Musica e cinema, occupano un posto importante nella sua vita artistica. Ha realizzato un CD musicale con il suo gruppo The Gear, nonché un paio di film a basso budget e collaborazioni con il regista Kevin Smith.
Maggiori info su Mike Allred e i suoi lavori su www.aaapop.com.

FUMETTI DA PAZZI
Madman Comics N. 1 (1994, Dark Horse Comics).
smoky man: Partiamo con alcune domande classiche. Quando hai iniziato a fare fumetti? So che hai lavorato come giornalista televisivo in Europa, è vero?
Mike Allred: Si. Sono stato reporter per la AFRTS [American Forces Radio & Television Service, il servizio radio-televisivo delle Forze Armate americane, N.d.T.] attraverso l’Air Force. Avevamo base a Ramstein in Germania ma venivamo inviati in tutto il continente per raccogliere storie d’interesse per gli americani che vivevano in Europa mentre la CNN copriva la maggior parte delle notizie di cronaca. Il mio primo incarico fu quello di raccontare il disastro aereo di due jet italiani che si scontrarono a mezz’aria durante un’esibizione e precipitarono sulla folla. [Allude al disastro del 1991 che decimò le Frecce Tricolori e causò decine di morti tra il pubblico.]

Quali sono le tue influenze fumettistiche? E che cosa questi artisti o fumetti ti hanno insegnato?
Si arriva ad un punto in cui praticamente tutto può essere un’influenza … le mie più forti influenze coscienti sono Jack Kirby, Alex Toth, i fratelli Hernadez, Bruno Premiani, Ives Challand, Will Eisner e Harvey Kurtzman (e i fumetti della EC COMICS).

Quando hai creato Madman? Da dove hai preso l’idea originale? So che inizialmente volevi chiamarlo The Spook.
Ho creato Frank Einstein sulle pagine di Grafik Muzik e poi nel 1992, ricercando il successo commerciale con un atto disperato ho deciso di mettergli un costume. Mi piaceva il nome The Spook per l’omaggio a The Spirit ma scoprimmo presto che era già coperto da copyright. Al tempo, stavo leggendo Il giovane Holden e il protagonista, Holden Caulfield utilizza la parola "madman" praticamente dovunque. Ho pensato che era un nome perfetto e … VOILÀ.

Madman è uno dei più originali e riconoscibili personaggi dei fumetti. Il suo vero nome - Frank Einstein – è davvero azzeccato ed un esempio perfetto di "pop": l’unione tra Frank Sinatra e Albert Einstein, più l’ovvio richiamo al classico mostro di Mary Shelley. Che cosa significa per te cultura "pop" e in che modo confluisce nel tuo modo di raccontare?
Significa praticamente TUTTO per me. Al di là delle cose ovvie dell’esistenza umana e della spiritualità, la mia vita è stata inondata dalla cultura "pop" dai giocattoli, alle riviste sui mostri, dalla musica al cinema. Da qui si è semplicemente trasferita nei miei processi creativi in modo molto naturale.
Madman: The Oddity Odyssey.
Su Madman mescoli storie avventurose super divertenti, piene di robot, scienziati pazzi, viaggi nel tempo, alieni e molto altro ancora, con riflessioni filosofiche sull’universo, Dio, l’amore e il senso della vita. È possibile conciliare intrattenimento e un po’ di cervello?
Penso di sì. Io ci provo.

Guardando i tuoi lavori, è naturale pensare a Roy Lichtenstein e alla Pop Art in generale. È uno strano e intrigante corto circuito. Fumetto e Arte. In una miniserie di Madman hai inserito il pittore Escher. Quali sono le tue influenze nel campo dell’Arte?
Ancora, qualsiasi cosa con cui venga in contatto ma Magritte e Warhol dovrebbero andare molto vicini alla cima della lista.

Può il Fumetto essere Arte?
Lo è.

Quando lavori su Madman scrivi prima un soggetto, una sceneggiatura dettagliata o parti subito facendo i "thumbnail" e mettendo direttamente le tue idee su carta? Quanto impieghi a fare una tavola?
Lavoro partendo da una traccia sempre in espansione che diventa una sceneggiatura completa quando fisso ogni numero della serie. Poi faccio i thumbnail, il layout della tavola, poi il lettering, le matite e poi inchiostro. Penso di riuscire a fare in media due pagine al giorno quando devo fare le matite e inchiostrare.
Madman/The Jam N. 1 (1998, Dark Horse Comics).
Tua moglie Laura è tra i migliori coloristi di fumetti. Contribuisce in qualche modo alle tue storie? È completamente libera quando colora o le suggerisci qualcosa sulla palette da utilizzare?
Generalmente fa tutto da sola. Ho qualche problema nel distinguere alcuni colori, ma lei ha un meraviglioso senso del colore. Qualche volta ho delle idee precise su un colore o in rare occasioni le chiedo di cambiare qualcosa. Ma lei è la migliore e lavora al meglio quando viene lasciata alle proprie fantasie.

Una curiosità, in Madman: The Oddity Odyssey ho amato quel tocco di grigio che amplificava l’atmosfera da B-movie … naturalmente i colori "pop" di Laura sono splendidi e un elemento essenziale di Madman … ma, credi che sarà possibile vedere ancora una storia come quella?
È possibile. La ragione principale per cui fu realizzata in quel modo è perché era più economico. Così o in bianco e nero. Quando Madman divenne un successo ci fu possibile usare il colore.

Dopo Madman hai espanso il suo e il tuo universo creando The Atomics – ossia Madman e I "super" street beatniks – e la tua casa editrice, AAA Pop. Puoi presentarci gli Atomics?
Volevo solo avere altri personaggi colorati nel mondo di Frank, perciò come prima ho semplicemente messo dei costumi ai miei beatniks mutanti.

Ora che stai lavorando su personaggi "Meravigliosi", possiamo aspettarci altri albi degli Atomics nel prossimo futuro?
 L’idea era quella di concludere gli Atomics con il numero 16 e poi di passare ad una testata mensile di Madman. Con l’opportunità di fare X-Force abbiamo dovuto comprimere il finale di Atomics con il numero 15 e di rinviare la serie di Madman indefinitamente.

EVENTI MUTANTI
X-Force N. 116 (1991, Marvel).
Alcuni anni fa – se ricordo bene era il 1997 – hai scritto un articolo sulla rivista Fan in cui dicevi: "Noi, fan dei fumetti, siamo l’elite della cultura "pop". E DOBBIAMO smettere di impegnarci così tanto per tenere il resto del mondo lontano dall’unirsi a noi. […] Cinema, musica, riviste, collezionismo, televisione e libri, tutto sembra essere di grande interesse per i fan della cultura 'pop'. […] Ti sto dicendo che noi siamo l’elite della culture 'pop'. Sì, un’intera sottocultura completamente priva di contatto con la realtà ".
E ancora, "Devi credere che se [un fumetto] è buono, se è davvero buono, allora venderà. La nostra industria si avviterà su se stessa e morirà se non promuoviamo, supportiamo e incoraggiamo l’interesse, la varietà e, cosa più importante, la qualità."
Oggi qual è la tua opinione sul mondo dei fan, sulla qualità dei fumetti e sul mercato? Pensi che film ispirati ai fumetti come Xmen e gli imminenti Ghost World, Spiderman e From Hell diano al medium fumettistico una nuova visibilità presso il grande pubblico e possano attrarre nuovi lettori?
La realtà è che hanno poco o nessun effetto nel portare al Fumetto nuovi lettori. Ma portano consapevolezza… se non altro dicono al mondo che il Fumetto come forma artistica esiste ancora. Questa consapevolezza è in grado di attrarre i curiosi molto più di un buon film basato sui fumetti. Ma se poi questi curiosi non vengono condotti verso lavori di qualità … ciao ciao!

Nello stesso articolo, dicevi: "Non sono contro i supereroi, sono contro i fumetti di merda! […] Perché continuiamo a trascinarci dietro il cadavere del genere supereroistico?". E ora fai X-Force. Ah, sicuro è una X-Force completamente nuova, ma è sempre lo stesso fumetto creato da Rob Liefeld. Mio Dio, Mike Allred e Peter "Shade" Milligan che giocano con la testata creata da Rob Liefeld: da non credere! Che cosa è successo? Con Joe Quesada come Boss, è davvero una Nuova Marvel? Qual è la cosa più eccitante di essere uno che tira i fili delle "marionette" mutanti?
Non mi importa del genere piuttosto è importante la qualità. Un albo potrebbe anche parlare di agenti assicurativi se fosse interessante e ben fatto. Un fatto è certo: l’industria continua ad essere sostenuta dai fumetti di supereroi. Probabilmente lo sarà sempre. E i costumi sono fatti per personaggi colorati, anche se magari è solo una cosa di superficie. Quando scrissi quell’articolo ero ottimista sul fatto che generi diversi avrebbero avuto successo nell’industria fumettistica. Non è ancora accaduto. The Atomics sono stati un esperimento per vedere se i supereroi potevano vendere bene anche se fatti da una casa editrice indipendente. È quello che è accaduto. Sebbene sia molto orgoglioso di Red Rocket 7, non è stato un successo commerciale. Abbiamo appena raggiunto il punto di pareggio. Un progetto troppo costoso, troppo anomalo.
Con X-Force sono stato in grado di esaudire un mio sogno da bambino, creare i miei X-Men. Con Joe Q., rinasce il leggendario (se non romanzesco) Marvel Bullpen. Con la libertà creativa e il supporto … e la mutua ammirazione tra i vari artisti è stata pura e semplice gioia creativa. E le storie di Peter Milligan sono geniali! C’è una nuova eccitazione e ottimismo. Tutto questo farà migliorare il Fumetto? Non so, ma di certo non può far male.

Pensi che Alan Moore dica un’orribile verità quando afferma che è impossibile nel mercato USA fare qualcosa di diverso dei supereroi per raggiungere il grande pubblico? Che bisogna presentare il tuo personaggio come un supereroe, anche se magari è solo una questione di un costume e un mantello, e poi si può sovrapporre qualcos’altro – come nel suo Promethea– ma al primo impatto deve sembrare un supereroe?
Penso che sia un freddo dato di fatto. Guarda le classifiche di vendita degli ultimi 20 anni (o degli ultimi 60, fa lo stesso). Nella Top 100, con l’eccezione di proprietà su licenza come Buffy o Star Wars è quasi tutto esclusivamente supereroi (e poi Buffy e Star Wars non sono anch’essi supereroi?).
X-Force N. 117 (1991, Marvel).

Su X-Force, Vince Brusio ha scritto sul Previews: "Sono sempre stato un lettore di fumetti che preferiva letture alternative ai titoli mainstream. Ma con l’uscita di X-Force, sono diventato un nuovo convertito." Può X-Force diventare l’anello mancante tra mainstream e fumetto alternativo? Ah, AMO quello che tu e Peter state facendo sulla X-testata!
Grazie! Ho sempre pensato che questa divisione fosse ridicola. Noi (fan dei fumetti) abbiamo molto più in comune per via dell’amore per questa forma artistica di persone che non sono mai entrate in contatto con essa. Che mi possa piacere Eightball quanto New X-Men o vice versa, non dovrebbe essere uno shock per chiunque ami i buoni fumetti. La penso nello stesso modo per i film. Guardo praticamente di tutto. Amo i bei film. Detesto quelli pessimi. Un buon film d’azione è meglio di uno scadente film d’autore e un buon film d’autore è meglio di uno scadente film d’azione.

Quale personaggio di X-Force preferisci disegnare? Perché?
Edie. Perché è così impertinente. Davvero impertinente. Impertinente! Impertinente!

Facciamo un gioco. Elenco una lista di nomi di scrittori di fumetti con cui hai lavorato come disegnatore. Qual è la loro migliore qualità?
Brian Michael Bendis: La sua scintillante pelata.

Peter Milligan: Il suo accento.

Kevin Smith: Sua sorella.

Neil Gaiman: Il suo profumo.

Mike Allred (!): I suoi piedi.

Con quali autori ti piacerebbe collaborare?
Quelli con cui sto lavorando.

Che fumetti leggi attualmente?
Molti.

Ha giocato per un breve periodo con due delle principali icone fumettistiche: Spiderman e Superman. Che cosa ti piace di loro?
Il loro aspetto iconografico.
Superman/Madman: Hullabaloo!

Ricordo un progetto su Batman analogo a Superman/Madman: Hullabaloo! Se ricordo bene doveva chiamarsi Batman a go-go. Quando lo vedremo? Puoi anticiparci qualcosa sulla storia?
La DC non ha portato avanti la cosa. E ultimamente io non ho avuto il tempo di spingere l’idea. Di sicuro mi piacerebbe farlo prima o poi. Fino ad allora … shhhh.

Hai scritto Crash Metro (disegni di Martin Ontiveros, edito da Oni Press), la prima cosa che hai fatto che è stata disegnata da altri. Come è stato vedere una tua idea realizzata su carta da un altro? Ripeterai l’esperienza?
È una cosa che ho amato! E mi piacerebbe ripeterla di nuovo!

In questi anni il mercato fumettistico mondiale è stato colpito dall’invasione dei manga. Che ne pensi? Ti piacciono? Pensi che mostrino un nuovo modo di raccontare che bisognerebbe imparare ed assimilare? Ci sono un sacco di autori american manga di successo, penso a Madureira, ad Adam Warren …
Mi piacciono alcune cose. Adoro l’approccio grafico. E … Adam Warren è un artista INCREDIBILE.

In più, stai inchiostrando la nuova serie di Catwoman (disegni di Darwyn Cooke, storia di Ed Brubaker). In "Chasing Amy" di Kevin Smith un fan dice che un inchiostratore è solo un "ricalcatore". Che ne pensi? Qual è il tuo approccio? Ti piace?
Inchiostrare è la panna sulla torta e i colori sono le candeline. Amo questo progetto e sono eccitato di lavorare con Ed, Darwyn e il mio vecchio letterista Sean Konot. È un gran divertimento.

MUSICA ATOMICA

È certo che Mike Allred ami la musica. Quando hai avuto l’idea di fare Red Rocket 7? È stato un modo fantastico di raccontare la storia della musica pop contemporanea. Ed è splendido vedere i tuoi ritratti di tutti quei musicisti, dai Led Zeppelin ai Devo, dai Beatles a Bjork!
Grazie! È tutto nato da un’improvvisa ispirazione seguita al logoramento dei rapporti con la Dark Horse per Madman. Ne sono stato ossessionato e non riuscivo fare nient’altro finché non l’ho concluso.

Red Rocket 7è il lavoro di cui sei più fiero?
Ad essere onesti, al momento, X-Force è il lavoro di cui sono più fiero. Ma lo è sempre il lavoro a cui sto lavorando in quel momento. X-Force e i futuri numeri di Madman sono le storie che più mi attirano. Credo che dovrei dire che Madman è quello di cui più sono orgoglioso.

Quando uscì Red Rocket 7, uscì anche un CD musicale, The Gear: Son of Red Rocket 7, dove Mr. Red Allrod (!) cantava e suonava le chitarre. La tua musica è un po’ low fi con un tocco di psichedelia e un sapore di rock anni ’70. Mi piace! Che genere di musica preferisci?
Rock anni ’70, low fi e psichedelico.

[The Gear: Son of Red Rocket 7 su Spotify: QUI]

Puoi dirci la tua Top Ten?Oggi? [l’intervista è stata fatta l’11 Agosto]

1- Moonage daydream - David Bowie

2- Street Fighting Man - The Rolling Stones

3- In My Life - The Beatles

4- Auf Weidersehen - Cheap Trick

5- Lady Grinning Soul - David Bowie

6- Jigsaw Puzzle - The Rolling Stones

7- Just Try - Dandy Warhols

8- Red Eyes and Tears - Black Rebel Motorcycle Club

9- Super-Sonic - Brian Jonestown Massacre

10- She's a Lady - Tom Jones

Domani potrebbe essere completamente diversa.

Quando un nuovo CD? Quando un tour?
Forse farò un nuovo CD entro i prossimi due anni. Un tour? Mai. Raramente mi allontano da casa mia. Sono felice di stare nella mia Cittadella. [Questo è il modo in cui Mike e Laura chiamano la loro casa ad Eugene, Oregon.]

HOLLYWOOD, I AM ARRIVING!
Astroesque.
C’erano delle voci su un possibile film basato su Madman che sarebbe stato diretto da Robert Rodriguez (El Mariachi, Spy Kids). Puoi rivelarci qualcosa in più? Chi ti piacerebbe interpretasse il ruolo di Madman? Qual è il cast che sogni?
Ancora rinviato. Per il momento è previsto un sequel di Spy Kids, con un cammeo di mia figlia Kelby. Riguardo le mie preferenze per il cast, cambiano di continuo come le mie canzoni preferite.

Hai letto Fortune and Glory di Bendis sulla sua esperienza ad Hollywood? Secondo te dice la verità?
Assolutamente sì!

Hai anche fatto il regista in film indipendenti a basso budget. Mi ricordo un titolo, Astroesque. Davvero un gran bel titolo. Di che cosa si trattava? Che tipo di film ti piacciono?
[Astroesque] parlava della fine spirituale del mondo. Con in più un pizzico d’azione.
Come ho detto prima, mi piacciono i buoni film.

Qualcuno pensa che i fumetti siano simili al cinema, ma io credo che siano più vicini alla letteratura, raccontando storie attraverso immagini. Che ne pensi?
Qui devo dissentire. Sono stato attratto dalla possibilità di fare fumetti perché era come il cinema dei poveri. Puoi raccontare una buona storia a fumetti usando solo immagini. Non sarebbe un fumetto senza immagini. Lo stesso può dirsi per il cinema.

Se dovessi scegliere: fumetti, cinema o musica?
Ora che li ho fatto tutti e tre, ho scelto, ed è stata una scelta facile. Spero di fare altre cose con il cinema e la musica, ma si piazzano secondi, e ben lontani, dal fumetto

Intervista originariamente pubblicata su Ultrazine.org nel Settembre 2001.

LADRÖNN: Jodorowsky e il ritorno di El Topo

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*** ENGLISH VERSION BELOW ***

La notizia è stata diffusa ufficialmente pochi giorni fa: Alejandro Jodorowsky ha realizzato il seguito del suo film-culto El Topo... a fumetti! 
Illustrato dal magistrale LADRÖNN, che con il poliedrico artista cileno naturalizzato francese aveva già realizzato l'Incal Finale, sarà pubblicato a Giugno in Francia per Glénat: si intitolerà Les fils d’El Topo (in italiano, I figli di El Topo) e sarà una trilogia.

A dire la verità, grazie a regolari contatti con Ladrönn, artista che ammiro da tempo e autentico gentiluomo, ero a conoscenza di questo evento sin dall'anno scorso e, in realtà, lo stesso Jodorowsky ne aveva parlato in un video diffuso da Glénat, pubblicato sul canale Youtube della casa editrice a Febbraio 2015 (si veda intorno al settimo minuto), in previsione di un'uscita nei mesi a venire.
Per cui colto dall'eccitazione avevo subito approfittato per intervistare LADRÖNN ma l'intervista era stata poi lasciata in sospeso perché il libro aveva subito qualche ritardo e sarebbe stato pubblicato solo nel 2016.
Nel seguito potete finalmente leggere la chiacchierata con Ladrönn, disegnatore dal segno vibrante e dallo storytelling elegante, su I figli di El Topo, nella speranza di vederne presto una edizione Italiana.

Un grazie speciale all'amico Ladrönn per la sua disponibilità.

L'intervista è stata raccolta inizialmente a Giugno 2015, rivista e completata ad Aprile 2016. 
Tutte le immagini sono tratte da Les fils d’El Topo 1-Caïndi Jodorowsky e Ladrönn.
Buona lettura! 
smoky man: Quando hai iniziato a lavorare a I figli di El Topo? Se ben ricordo Jodorowsky aveva pianificato di farne un film che poi non è stato mai realizzato...
Ladrönn:
Alejandro Jodorowsky ha scritto la sceneggiatura per I figli di El Topo oltre trent’anni fa come sequel di El Topo, il suo film cult del 1970. Sin da allora ha cercato di realizzare il film ma sappiamo tutti che non è una cosa facile: occorre tempo e tanto denaro.
Alejandro crede che il fallimento non esista e che quando non puoi realizzare un'idea in un certo modo, lo puoi fare in un modo diverso. Dopo aver completato di lavorare sull'Incal Finale, Alejandro ed io abbiamo parlato de I figli di El Topo: voleva capire quali potessero essere le opzioni per creare qualcosa partendo dalla sua sceneggiatura per il film.
In origine, l’idea era di realizzare una sorta di adattamento illustrato del film, non un fumetto vero e proprio, vero?
Sì, è così. Alejandro voleva creare un art-book con i personaggi e gli ambienti presenti ne I figli di El Topo, una sorta di “storyboard dipinto”. Mi ha dato la sceneggiatura originale e ho lavorato su quest’idea dipingendo diverse scene e facendo alcuni ritratti dei personaggi principali.

Come siete passati a fare un “vero e proprio” fumetto?
Dopo aver visto quello che avevo prodotto, Alejandro ed io abbiamo pensato che ci fosse sufficiente potenziale per trasformarlo, con qualche aggiustamento, in un nuovo tipo di fumetto, in questo caso, un fumetto con l’atmosfera di un film. L'idea per noi era chiara: non volevamo realizzare un fumetto tradizionale, piuttosto volevamo creare un "graphic film". Così abbiamo iniziato a lavorare al fumetto, abbiamo parlato del tipo di disegni e abbiamo concordato che avrebbero dovuto essere realistici. Poi abbiamo deciso che le tre strisce sarebbero state il layout migliore per la pagina, così che i lettori avrebbero avuto la sensazione di un film al cinema.

Com'è lavorare con Jodorowsky? Che tipo di collaborazione avete stabilito tra voi?
Per me, lavorare con Alejandro è e sempre sarà un privilegio: è una persona brillante ed estremamente creativa, un uomo saggio, una persona da cui si impara molto.
Dal momento che I figli di El Topo era stato pensato per essere un film, abbiamo dovuto pensare alle ambientazioni e ai personaggi.
Quando lavoriamo insieme, Alejandro e io discutiamo di dove “mettere la cinepresa” e decidiamo insieme quali siano le scelte migliori, poi creo i layout e successivamente decidiamo, come si fa per il montaggio di un film. Lavoriamo come un team.
Il nostro modo di lavorare è semplice: stiamo sempre in videochat e in questo modo la collaborazione scorre in modo fantastico e il feedback è immediato. Alejandro, letteralmente, “gira” il fumetto come se stesse girando un film e io realizzo dei bozzetti delle cose più importanti, lavoriamo praticamente in tempo reale: è una maniera inusuale di realizzare un fumetto ma di sicuro è il modo migliore per creare qualcosa con una propria personalità. Con l'aiuto di mia moglie, prendo inoltre nota dei testi e di altri dettagli specifici: potremmo scrivere un libro soltanto raccogliendo quelle annotazioni.
Nel suo sviluppo, hai contribuito con qualche tua idea alla storia?
Sì, io e Alejandro abbiamo lavorato spalla a spalla su ogni singola tavola de I figli di El Topo. Leggevamo continuamente la sceneggiatura, io facevo i layout e poi decidevamo quale fosse l'approccio migliore per la storia, per le scene e i personaggi.
Alejandro è un attore esperto e, per alcune scene, ha recitato per mostrare quali fossero i sentimenti provati dai personaggi in momenti precisi della storia.
Alla fine, Alejandro e io abbiamo risolto insieme tutte le situazioni presenti nella sceneggiatura.

In che cosa El Topo si differenzia dai tuoi fumetti sull'Incal?
Incal Finaleè stato un progetto fantastico, un'avventura cosmica, una specie di sinistra commedia con un tocco di black humor. I personaggi erano sempre impegnati a salvare l'universo e c'era poco spazio per sentire i loro pensieri e conoscere quello che provavano. I figli di El Topoè un'opera completamente diversa: è una storia senza tempo, ambientata in un altro universo. È un racconto in cui scaviamo in profondità nell'anima e nella natura dei personaggi. In questa opera possiamo vedere e sentire l’atmosfera degli eventi, l’assurdo fanatismo della gente, la follia religiosa unita all’ipocrisia, la pura innocenza, la rabbia e l’ambizione.
A mio parere, I figli di El Topoè una delle più belle ed esemplari storie scritte da Alejandro Jodorowsky.

Ora il fumetto è finito e presto sarà disponibile. So bene che questa è una domanda difficile da fare a un artista ma... sei soddisfatto del risultato finale?
Il primo libro, Caïn, è pronto. L'ho finito qualche mese fa e ora sono al lavoro sul secondo libro.
La tua è una domanda difficile perché un artista non vede mai un proprio lavoro come finito, vorrà sempre fare di più di più, ma ovviamente un giorno bisogna fermarsi e lasciarlo andare, altrimenti si diventa pazzi. Sono felice e soddisfatto del lavoro che io e Alejandro abbiamo realizzato insieme.
Quanti volumi de I figli di El Topo sono previsti?
Il progetto prevede tre soli volumi.

Stai lavorando a qualcos'altro? Fumetti, copertine? O sogni solamente un po' di riposo?
Quando si lavora a un libro a volte ci si dimentica di cosa sia dormire. Ho potuto riposarmi qualche giorno dopo la conclusione del primo albo ma sono già pronto ad iniziare il nuovo. Mi piacerebbe fare molte altre cose ma la verità  è che disegnare un fumetto del genere richiede tantissimo tempo.

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LADRÖNN: Jodorowsky and El Topo's return
In June, Glénat will publish Les fils d’El Topo 1-Caïn, the first volume of a trilogy that is... a comics sequel ofEl Topo, the cult movie written, scored, directed by and starring Alejandro Jodorowsky.
Les fils d’El Topo 1 is written by Jodorowsky and drawn by acclaimed artist LADRÖNN who previously worked together on Final Incal.
I originally interviewed Ladrönn in 2015 discussing the work and its production but then we decided to wait for the actual publication of the book and... here we are!
The interview has been edited and updated in April 2016.
Special thanks to Ladrönn for his support. I want to publicly say that I consider him one of the best artists working in comics and it was a real pleasure interviewing him.

All pictures are from Les fils d’El Topo 1-Caïnby Jodorowsky and Ladrönn.

smoky man: How did you start working on THE SONS OF EL TOPO? If I remember well, Jodorowsky planned to make a movie out of it, an unproduced movie...
Ladrönn:
Alejandro Jodorowsky wrote the script for THE SONS OF EL TOPO more than three decades ago as a sequel to the cult film EL TOPO (1970). Since then, he has been trying to make the movie, but we know that it is not easy, it takes time and a lot of money. Alejandro believes that failure doesn't exist and when you can't realize your idea in one way, you can do it in a new way. After I finished the FINAL INCAL Alejandro and I talked about THE SONS OF EL TOPO: he wanted to know what could be the possibilities to create something with his movie script.

The original idea was some sort of illustrated movie adaptation drawn by you, not sequential art... am I right?
Yes, you are right. Alejandro wanted to create an art book based on the characters and landscapes of THE SONS OF EL TOPO story, some kind of painted storyboard. I got the  original script and I worked on this idea, I painted some scenes and I did some portraits of the main characters.
How did it become a "proper" comic?
After seeing the painted artwork that I did, Alejandro and I thought that the art had enough potential to become, with some adjustments, a new kind of comic book, in this case, a book with a movie atmosphere. The idea was clear now for us: we did not want to create a traditional comic book, instead we wanted to create a "graphic film". Alejandro and I started to develop the book, we talked about the interior art, we agreed that it should be realistic, then we decided that three bands was the best layout for the pages, so the readers could feel they are in a movie theather.

How's working with Jodorowsky? What kind of collaboration did you establish?
For me, working with Alejandro is and always will be a privilege: he is a brilliant and extremely creative person, a wise man, you learn a lot from him. Since the THE SONS OF EL TOPO was planned to be a movie, we had to plan from the sets to the character designs. When we work, Alejandro and I discuss where is the best place ‘to locate the camera’ and we pick the best choices, then I create some layouts and finally we edit them, as an editor does with a film. We work like a team. Our process is simple: we videochat all the time, in this way the work flows in a fantastic way and the feedback is immediate. Alejandro literally shoots the strip in the same way as he shoots a movie and I draw layouts of the most important things, we work in real time: it is a very unusual way of doing a comic book, but definitely the best way if you want to create something with its own personality. With the help of my wife, I also take notes of the texts and other specific details, we could write a book only with this notes.
Did you contribute with any ideas during the development?
Yes, I did. Alejandro and I worked shoulder to shoulder on every single page of THE SONS OF EL TOPO. We read the script all the time, I do specific layouts and then we talk about what could be the best approach for the story, the scenes and the characters. Alejandro is an experienced actor, in some scenes he performed to express the different kinds of feelings the characters had in precise moments of the story. At the end of the day Alejandro and I resolved all the situations that the script had proposed.

In which ways El Topo is different compared to the Incal books?
The FINAL INCAL was a fantastic project, it was a cosmic adventure, some sort of scary comedy with a touch of black humor. The characters were always busy trying to save the universe and there was little time to hear their thoughts and know their feelings. THE SONS OF EL TOPO is a completely different book: this is a timeless story, a story set in a different universe. In this story we will go deep into the soul and the human nature of the characters. In this book we can see and feel the mood of the scenes, the people's absurd fanaticism, the religious madness combined with hypocrisy, the pure innocence, the rage and the ambition.
From my point of view, THE SONS OF EL TOPO is one of the most beautiful and exemplary stories written by Alejandro Jodorowsky.
Now the story is done and it will be available soon. I know this could be a difficult question for an artist to answer but… are you satisfied by the final result?
The first book, Caïn, is done. I finished it some months ago, right now I'm working on the second book.
That is a difficult question, because an artist never see his work finished, you always want to do more and more, but seriously, one day you need to stop and let it go, otherwise you will become crazy. I'm happy and satisfied with the work that Alejandro and I did together.

How many volumes for The Sons of El Topo do you plan?
The original plan is to create only three books.

Any other project you are currently working on? Other comics, covers? Or do you just dream to take some rest?
When you work on a book sometimes you forget what sleep is. I could rest some days after I delivery the first book, now I'm ready to start the next chapter. I would like to do many things along this project, but the truth is that it takes a lot of time to draw one book like this.

recensioni in 4 parole [40]

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Il lavoro: orrore vero.
Troppo chiedere solo Moore.
Intrecci, definizioni, rompicapi, divertimento.
Qualcosa è andato storto.
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Abbiamo detto 4 parole su:
Dylan Dog N. 356 - La macchina umana
Soggetto e sceneggiatura: Alessandro Bilotta
Disegni: Fabrizio De Tommaso
Copertina: Angelo Stano
Editore: Sergio Bonelli Editore
Formato: brossurato, 98 pagine, bianco e nero
Prezzo: € 3,20
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI 

Cinema Purgatorio N. 1 (in Inglese)
Storie: Alan Moore & AAVV
Disegni: Kevin O'Neill & AAVV.
Editore: Avatar Press
Formato: 52 pagine, bianco e nero
Prezzo: $ 5,99
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI e QUI (in Inglese)

More Fun

Storia e disegni: Paolo Bacilieri
Editore: Coconino
Formato: brossurato, 160 pagine, bianco e nero (e colore)
Prezzo: € 19
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI e QUI 

Injection Vol. 1(in Inglese)
di Warren Ellis (testi), Declan Shalvey (disegni) e Jordie Bellaire (colori)
Editore: Image Comics
Formato:  brossurato, 120 pagine, colore
Prezzo: $ 9,99
Anno di pubblicazione: 2015
Per qualche parola in più: QUI

[Oldies but goldies] SERGIO BONELLI 2001

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Continua la "riscoperta" degli articoli, interviste e materiali vari apparsi su Ultrazine.org ora che il sito non è più online. 
Questa volta si tratta di un recupero davvero importante: riproponiamo infatti un'intervista a SERGIO BONELLI (non credo sia necessario presentare una delle figure cardine, sia dal punto di vista creativo che da quello editoriale, della Storia del Fumetto italiano), raccolta dall'amico scrittore Fabrizio Lo Bianco e pubblicata su Ultrazine nel lontano 2001. Buona lettura!
Intervista a SERGIO BONELLI
Di Dino Battaglia, dell'editoria italiana e d'altro...
   
Abbiamo intervistato SERGIO BONELLI in occasione di un'importante mostra della scorsa primavera su Dino Battaglia a Bruxelles intitolata "Sotto il sole nero della malinconia", di cui l'editore milanese è stato uno dei promotori. [smoky nota: la mostra fu ospitata al Centre belge de la bande dessinée di Bruxelles dal 09/01 al 01/04/2001]. In questa chiacchierata abbiamo parlato dello stesso Battaglia, di editoria e di fumetto in genere.

Ci può parlare del connubio Bonelli Editore - Dino Battaglia?
In realtà più che parlare di Sergio Bonelli editore di Dino Battaglia amo parlare di Sergio Bonelli "con" Dino Battaglia. Quando l'ho conosciuto era il lontanissimo 1949, 1950 e la casa editrice era composta da due, tre persone. In quel momento è nata un'amicizia che si è protratta per anni ed è continuata anche quando Battaglia ha smesso di lavorare per la nostra piccola casa editrice e ha iniziato a collaborare con case editrici più importanti, inglesi come la Amalgamated Press, per il Vittorioso, per il Messaggero dei Ragazzi. Queste gli fornivano un tipo di lavoro più gratificante per lui, che soffriva, ed era un po' sprecato secondo me, a disegnare serie con sequenze ripetitive d'inseguimenti, d'azione. Per cui credo che le sue cose più importanti le abbia fatte per loro ma nonostante questo la nostra grande amicizia è continuata, fatta di consuetudini, di serate trascorse insieme, di piccoli viaggi.

Quale delle vostre nuove serie affiderebbe oggi a Battaglia?
Teoricamente, per quanto riguarda l'atmosfera gotica di cui era un maestro e uno dei più importanti interpreti a livello europeo, la tentazione sarebbe quella di proporgli Dampyr, una serie basata sui vampiri, un po' cupa che avrebbe bisogno del suo bianco e nero. Pensandoci bene ci sarebbe un'altra serie, Napoleone, che ha un aspetto molto poetico. Una serie che pur essendo il tipico giallo, con delle vicende poliziesche, ha un aspetto più delicato grazie ad alcuni personaggi molto particolari, surreali che Dino avrebbe reso in maniera perfetta.

Si dice che la Bonelli agli esordi fosse, ricorrendo a un termine talvolta abusato, l'etichetta "indipendente" degli anni '40: con quale atteggiamento guarda alle piccole case editrici di fumetto, in un periodo come questo di crisi del settore?
Guardando alla storia del Fumetto italiano, che magari pochi conoscono, in realtà negli anni del dopoguerra la maggior parte delle case editrici poteva essere considerata indipendente. I grandi colossi dell'editoria come Mondatori o Rizzoli snobbavano molto il medium Fumetto e così facendo hanno permesso la nascita di piccole case editrici come la nostra e tante altre, alcune ancora presenti in edicola, altre che purtroppo sono sparite. Il fenomeno della casa editrice indipendente e, come dico io volentieri, "superartigianale", è stato un fenomeno generale.
Noi siamo cresciuti molto, penso anche troppo, per una sorta di passione e di curiosità che mi ha spinto ad avere intorno a me un numero sempre maggiore di disegnatori. Tutto questo non per ragioni commerciali ma per quella passione che mi spingeva ad arruolare un bravissimo disegnatore che scoprivo in Inghilterra, un altro che vedevo in Spagna, un argentino che mi piaceva - e quindi oggi ci troviamo con dimensioni totalmente diverse da altri. Però la cosa non mi piace. Guardo con molta simpatia chi ha delle piccole dimensioni e ogni tanto affronta il mercato e ci prova. Il problema vero è che purtroppo oggi, per chi comincia con pochi mezzi, è molto più difficile. Intanto il mercato richiede un'organizzazione distributiva con molte più copie di quelle che occorrevano al tempo in cui abbiamo iniziato noi.
In Italia ci sono 35 mila edicole e se si vuole avere la sensazione di aver fatto un vero tentativo con una buona distribuzione occorre mettere in circolo 60, 70, 80 mila copie, con grandi spese. Mentre prima per un test credibile erano sufficienti 15 mila copie. Quindi guardo con simpatia chi oggi è come ero io 40, 50 anni fa e mi manca l'apporto di quei giovani editori che hanno incominciato e che poi hanno smesso.
Sento molto la responsabilità di rappresentare, purtroppo, l'ultima spiaggia per tutti quegli sceneggiatori e disegnatori che volessero intraprendere questa professione perché con la scomparsa di tanti editori tanti che cercano lavoro fanno fatica a trovarlo. Io stesso, per quanto abbia tanti collaboratori, ma proprio tanti, tanti, non posso certo trasformarmi in un ente assistenziale. Questo è un senso di responsabilità molto grave che prima non sentivo perché c'erano dei piccoli editori che facevano anche un po' da palestra per chi cominciava. Questa situazione di monopolio che si è in pratica creata adesso non è un privilegio ma anzi mi dà l'ansia di non poter dare lavoro a tutti quelli che me lo chiedono.

Ritiene che il fumetto possa ricoprire un ruolo rilevante nella cultura e nell'arte contemporanea?
Personalmente non ho mai pronunciato la parola Arte perché è una definizione difficile. Mi è capitato di leggerla, questo sì. Mi accontento di poter pensare che il Fumetto è un'espressione d'alto artigianato che rappresenta spesso anche il frutto dell'incontro di più persone perché non sempre il soggetto è fatto dalla stessa persona che fa i disegni. Sinceramente mi accontento di molto meno. È molto difficile stabilire cosa sia Arte e cosa non lo sia, e quindi esito a pronunciare questa parola. Mi accontento di stabilire che come altri media - cinema, teatro, canzone, qualunque mezzo d'espressione - può essere usato bene o male e dare risultati nobili o ignobili. La parola Arte non mi sento proprio di pronunciarla, e nessuno di noi che lavora in questo campo, in fondo, ha mai avuto queste pretese. Può anche diventarlo, però - una cosa che può anche essere discussa è che quando si avvicina troppo all'Arte o intende diventare Arte è facile che perda quelle caratteristiche di immediatezza che sono proprie del Fumetto in genere.
È una domanda che sicuramente richiederebbe un paio d'ore di conversazione seduti tranquillamente in poltrona.
Torpedo
Quale fumetto o quale autore non-Bonelli le sarebbe piaciuto editare?
Mi sarebbe piaciuto editare Torpedo, scritto da Abuli e disegnato dallo spagnolo Bernet, che è un amico e ha anche disegnato un Texone per noi. È una serie pubblicata sia in Spagna che in Francia, su un gangster violento ma ironico. E poi, mi sarebbe piaciuto editare, ma è solo colpa mia se non è successo, Corto Maltese perché Hugo Pratt, in una nostra gita in macchina, l'aveva offerto in prima visione a me. Ma con Hugo avevo una tale amicizia che cercavamo di limitare al massimo i nostri rapporti di lavoro perché stavamo molto bene andato a spasso, andando al cinema - mentre magari sul lavoro, non dico che avremmo potuto guastare tutto, ma magari ci sarebbe stato qualche momento un po' più nervoso.

recensioni in 4 parole [41]

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A me gli occhi!
E zombie a Barcellona.
I dolori delle storie.
Tutto Pazienza Vol. 2: Zanardi 1981-1984
Zanna: innocente letale cinismo.
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Abbiamo detto 4 parole su:
di Jason Aaron (testi), Chris Bachalo (disegni), Kevin Nowlan (disegni)
Editore: Panini Comics
Formato: spillato, 64 pagine, colore
Prezzo: € 3.30
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI

di Brian K. Vaughan (testi) e Marcos Martin (disegni)
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI

Sputa tre volte
di Davide Reviati
Editore: Coconino Press/Fandango
Formato: brossurato, 560 pagine, bianco e nero
Prezzo: € 25
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI

Tutto Pazienza Vol. 2: Zanardi 1981-1984
di Andrea Pazienza
Editore: Gruppo Editoriale L'Espresso
Formato: cartonato, bianco e nero e colore
Prezzo: € 10
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI 

[Oldies but goldies] LEO ORTOLANI 2000

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Rat-Man Collection N. 1.
Altro recupero di rilievo dall'archivio di Ultrazine.org (gloriosamente off-line oramai): un'intervista in 10 mosse al Maestro LEO ORTOLANI, datata... 2000!
Ben 16 anni fa ma direi (giudicate voi) che si fa ancora leggere con piacere.
Buona lettura! "Fletto i muscoli e sono nel vuoto."
LEO ORTOLANI
Intervista semiseria in 10 mosse
a cura di smoky man
(si ringrazia Michele Murino)
   
1) ULTRAzine: Rat-Man: un Batman “poco fortunato” apparentemente incrociato con Topolino (ma con il muso di scimmia) che agisce in un cosmo simil Marvel. Hai mai pensato al “mostro” che hai creato?
ORTOLANI: Ci penso tutti i giorni, anche troppo! Ma siccome sono affezionato a mio figlio (per ora l'unico) la cosa non mi può pesare più di quanto non possa pesare a qualunque padre... Tuttavia a volte è come se Lui scegliesse me per raccontare le sue str... storie, con un'arroganza e una prepotenza da rendermelo molto meno simpatico!... La convivenza a volte logora entrambi, specie quando facciamo i soliti tour de force per concludere un numero o per portarci avanti con il lavoro... allora ci sono le nottate fino alle 4 o alle 5, che gli uccellini fuori stanno già cinguettando.
Forse Rat-Man non l'ho nemmeno inventato io, forse è solo frutto di una strana combinazione di elementi che ha preso vita... un disegnatore... un'epoca storica precisa (la nostra)... la mancanza di valori... il dubbio che aleggia su ogni cosa... la voglia di ridere per non piangere... il caos che si profila all'orizzonte... i nostri pallidi tentativi per fermarlo... ed ecco Rat-Man. Forse. 

2) ULTRAzine: Un nome solo: Jack Kirby.
ORTOLANI: Un titolo solo: il RE.
Amo i suoi lavori e ormai è cosa arcinota... ma amo anche il modo in cui ha lavorato... sempre entusiasta di ciò che faceva, sempre pronto al colloquio con i suoi lettori, sempre a un livello alieno di bravura (anche dove non lo era)... Resto a guardare le sue tavole per ore e mi chiedo come cavolo facesse. Lui aveva un dono: vedeva i suoi fumetti in tre dimensioni e così li rendeva sulla carta. Non ho mai più trovato la stessa capacità.   

3) ULTRAzine: L’anima di Rat-Man è la parodia, che spesso per far nascere il sorriso ha bisogno che chi legge riconosca la fonte che viene “decostruita”. Come spieghi che il tuo albo abbia un pubblico “trasversale”, ossia venga letto da lettori di manga, di supereroi, bonelliani, ecc.?
ORTOLANI: Probabilmente perché ogni elemento che è presente in quegli albi, viene riportato nei miei in maniera spudorata, seppur a volte completamente trasfigurato e cambiato a seconda della necessità. Una parodia è sicuramente la maniera migliore per far ridere, basta prendere in giro ciò che esiste già. Più difficile è creare storie con elementi parodici, ma che stiano in piedi da sole, al di là del genere o delle cose tratte da altre fonti. Io spero sempre di seguire questa strada, anche se i risultati possono a volte essere altalenanti(con Star Rats ho invece prediletto la parodia pura). Se poi queste storie sono apprezzate, credo che sia anche perché tratto sempre, o quasi, gli argomenti parodiati con i guanti di velluto. Niente voglia di distruggere, insomma, ma molta voglia di rendere omaggio alle cose che mi sono piaciute, sia nei fumetti, che nei film, che nei libri.

4) ULTRAzine: Da qualche parte ho letto che – ormai è leggenda – disegnerai Rat-Man fino al 2014 (fino al #100?). [in realtà il finale è stato un po' posticipato, smoky2016] Pensi di continuare ad inventare nuove battute oppure speri in un ricambio del tuo pubblico così da riciclarne qualcuna? A proposito di battute ce n’è qualcuna che ti ha dato qualche problema?
ORTOLANI:"Fino alla fine!" Il motto di Ivan Drago può essere tranquillamente il mio! Non riciclerò vecchie battute già usate (a meno che non mi sbagli, e può succedere), ed è per questo che man mano che si va avanti, scrivere Rat-Man diventerà sempre più difficile...
Sicuramente molte volte una stessa battuta può essere raccontata in maniera diversa, anche se non ci sono molti modi per dire, ad esempio, che Cinzia sotto la gonna nasconde un arma impropria. Molte battute usate agli inizi, quando il terreno era vergine, non sono più disponibili, perché a poco a poco le battute su uno stesso argomento si esauriscono. Questo è uno dei motivi per cui Ratty vive anche avventure "extra" Città Senza Nome, dove il raccolto può essere ancora abbondante. Questo è il motivo per cui dopo 100 numeri la serie finirà, proprio perché credo che tutto ciò che dovevo dire, tutte le battute che dovevo fare su di essa saranno esaurite. I problemi con le battute sono di varia natura, non solo legati allo scritto, ma anche alla loro raffigurazione su carta. Quindi spesso devo ridisegnare una vignetta perché l'espressione del viso, dalla quale dipende il successo della battuta che si racconta, non è soddisfacente. O spesso, scrivendole, una parola viene sostituita con un’altra di uguale significato, perché nel nuovo caso si può caricare di una serie di significati totalmente diversi e molto più divertenti. Solo una cosa posso dire sulle battute: le migliori sono quelle spontanee. Ecco perché secondo me, se già non si possiede il senso dell'umorismo, è difficile scrivere cose divertenti. Ecco perché faccio fatica!

5) ULTRAzine: Tutti sanno che il tuo “sogno proibito”, fumettisticamente parlando, è di disegnare il Texone, prima o poi. Hai già in mente una trama?
ORTOLANI: Ovviamente sono già pronto!!! Non posso però raccontarti nulla della trama, soltanto che vedrebbe coinvolto Bonelli stesso...

6) ULTRAzine: Morgan rimarrà l’unico tuo tentativo nel fumetto “serio”? Hai in mente qualcos’altro? Quale personaggio ti piacerebbe scrivere?
ORTOLANI: Per ora resterà un caso isolato. In effetti scrivere storie serie è per me relativamente facile (con risultati ovviamente contestabili!), mentre la vera sfida è fare ridere. Credo pertanto che per un po’ continuerò su questa strada, ma... non si sa mai!

7) ULTRAzine: Venerdì 12 e Vita da Burba: fondamentalmente due fumetti horror?
ORTOLANI: No, solo il secondo. Durante il servizio militare ho vissuto momenti di puro terrore... e niente a che fare con il nonnismo. Era la assoluta e totale mancanza di logica in ogni cosa...avere a che fare con un animale pronto a morderti senza che tu sapessi PERCHE'! Ovviamente con un po’ di ironia sono sopravvissuto... ma il mio terrore per la gente in divisa è rimasto! Venerdì 12 invece è una storia d'amore... anche questa vissuta in prima persona e riproposta in tavole a fumetti grondanti odio per la Bedelia che fu!

8) ULTRAzine: Rivedremo mai di nuovo in azione l’investigatore Merlo?
ORTOLANI: Avevo progettato anni fa di farne un seguito, portando Merlo a contatto con i "bravi ragazzi", ma il progetto si è perso nei meandri della mia mente contorta...

9) ULTRAzine: Quale sarebbe la tua reazione se Alex Ross ti chiedesse di poter dipingere una cover di Rat-Man? E se squillasse il telefono e fosse Spielberg interessato a girare un live action sul nostro eroe preferito?
ORTOLANI: Innanzitutto penserei a uno scherzo di ULTRAzine, poi nell'agitazione accetterei la copertina di Spielberg e il film di Ross.

10) ULTRAzine: A parte il fatto che a voler fare i fumetti di questi tempi bisogna essere “duri come la pietra”, puoi svelarci il misterioso legame tra Geologia e Fumetto?
ORTOLANI: Nessun segreto...quando sei un geologo...quando recuperi gli strumenti nel fango, quando ti ritrovi da solo nei boschi, cercando un affioramento che non appare su nessuna carta, quando anche i serpenti ti sembra che siano amici, quando leccando una roccia capisci cos'è, quando immergendo le mani nella terra trovi la sua granulometria... allora passi una notte intera a pensare quale futuro tu voglia veramente. E non puoi sbagliare, perché per te sarebbe finita.
Io volevo fare il geologo.
Ciaoooooo
         
[Intervista pubblicata originariamente a Maggio 2000 su Ultrazine.org]

recensioni in 4 parole [42]

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Perdersi nel western: finalmente!
Si torna a lottare.
La supereroina che mancava!
Highwayman N. 1
Che il viaggio inizi.
*********
Abbiamo detto 4 parole su:
Soggetto e sceneggiatura: Tito Faraci
Disegni e copertina: Enrique Breccia
Editore: Sergio Bonelli Editore
Formato: brossurato, 240 pagine, bianco e nero
Prezzo: € 6,50
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI
 
Quebrada - Seconda Caduta N. 1
di Matteo Casali (testi) e Michele Bertilorenzi (disegni)
Copertina: Giuseppe Camuncoli 
Editore: Radium (crowdfunding)
Formato: pdf
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI

Ms. Marvel Vol. 1
di G. Willow Wilson (testi) e Adrian Alphona (disegni)
Editore: Panini Comics
Formato: cartonato, 120 pagine, colore
Prezzo: € 12
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI

Highwayman N. 1(english)
di Koren Shadmi
Formato: webcomics
Anno di pubblicazione: 2016

[Oldies but goldies] GLENN FABRY 2002

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Cogliendo l'occasione della recente serie TV su Preachertratta dall'omonimo fumetto creato da Garth Ennis per i disegni di Steve Dillon, con le indimenticabili copertine di GLENN FABRY, ripropongo l'intervista a Fabry, apparsa originariamente su Ultrazine.org nel lontano 2002
Buona (ri-)lettura!
Intervista a GLENN FABRY

[L'intervista è stata condotta vai e-mail nel mese di aprile 2002. Il testo originale è stato pubblicato sulla rivista inglese Tripwire]
Glenn Fabryè un artista che non necessita di presentazioni. Attivo sin dagli anni '70, si fa conoscere per l'ottimo lavoro su Slaine (2000 AD), il fenomenale guerriero celtico. In seguito inizia l'avventura americana con la DC per cui produce copertine per molte testate nel suo riconoscibile stile dipinto. Fenomenali le cover che realizza per Preacher, la serie cult della Vertigo. 
Attualmente ha iniziato a collaborare anche con la Marvel e di recente è tornato a disegnare fumetti veri e propri.
Maggiori info sull'autore sul suo sito ufficiale: www.glennfabrystudios.com
Glenn Fabry su comicbookdb

smoky man: Salve Glenn, potresti presentarti al lettori italiani? È vero che il tuo nome è quello di un astronauta?
Glenn Fabry: Salve, sono Glenn Fabry, il disegnatore di fumetti. Sono nato a Isleworth, Inghilterra, nel 1961 e ad un certo punto della mia fanciullezza ho chiesto a mio padre perché mi chiamassi Glenn, perché allora quello era un nome davvero singolare per un ragazzo (possibilmente ancora più strano che per una ragazza). Mi disse che ero stato chiamato Glenn John Fabry perché quando sono nato l'astronauta John Glenn stava transitando sopra l'ospedale con la sua navicella spaziale. Tuttavia l'altro giorno ho chiesto a mia madre e mi ha detto che sono tutte stupidate. Così si è trattato di un equivoco durato almeno 36 anni.

Da che cosa si è originato il tuo amore e la tua passione per i fumetti?
Tre ragioni: Gene Colan su Howard the Duck e Doctor Strange, Jack Kirby su X-Men e Thor, Gil Kane su Spiderman.
Okay, anche Barry Windsor-Smith su Conan e Kazar, e John Buscema su Silver Surfer. Oh, e John Romita Senior su Spiderman e Kingpin. E potrei continuare. Alfredo Alcala su Planet of the Apes, Conan etc...
Hai frequentato qualche scuola d'arte o orientata al Fumetto?
Sono andato alla Richmond-upon-Thames Art School dalla fine degli anni '70 fino al 1981. Un'esperienza in larga parte piacevole, ma non l'ottimo posto che mi aspettavo dal punto di vista accademico. Si parlava di più di punk rock e di fare skateboard.

Perché hai scelto una carriera nel fumetto?
Volevo girare i miei film ma non avevo una telecamera. Inoltre sono sempre stato bravo nel disegno. Perciò era un modo economico di raccontare una storia per immagini e non dovevo neppure fare molti compromessi con altre persone; in più il budget per gli effetti speciali è illimitato.

Quali sono gli autori che più ti hanno influenzato?
Le miei più grandi influenze sono per la maggior parte artisti europei, specialmente Moebius. Ma i miei preferiti sono artisti americani come JC Leyendecker e Richard Corben. Non che Moebius non sia uno dei miei preferiti... Cerco d'imparare dal lavoro degli altri artisti, ma non copio mai. Il mio artista preferito è lo scultore Alfred Gilbert.

Apprezzi qualche autore italiano? Perché?
Liberatore è italiano? È uno fantastico. Un altro che mi piace è il disegnatore di Druuna [Paolo Eleuteri Serpieri, N.d.T.] ma ho le sue storie solo su un numero di Heavy Metal. Perché mi piace? Perché è grande! Voi avete avuto Leonardo e Michelangelo e dovete essere fieri di loro come noi lo siamo di Shakespeare e Stan Laurel.
Come hai iniziato a lavorare professionalmente nel campo del Fumetto?
Ho avuto il mio primo incarico per Slaine su 2000AD - parte di quel materiale è stato di recente ristampato dalla Titan Books, in un bel volume dal titolo "Slaine the King" in cui compare anche il brillante lavoro di Mike McMahon. In pratica un grande ringraziamento va a Pat Mills e Bryan Talbot, senza loro probabilmente starei ancora vivendo con mamma e papa, con pochissima esperienza.

Hai lavorato su Slaine. Cosa provi per quel personaggio e per quel periodo della tua vita? Che cosa ti piace di più in Slaine?
Oh, ho amato e amo ancora Slaine. Mi capitava d'avere delle specie di visioni oniriche su tutta quella roba dei guerrieri celtici. È stato davvero un bel periodo della mia vita - avevo più o meno 21 anni e la gente mi chiedeva l'autografo e mi offriva da bere. Sono stato disoccupato per circa un anno dopo aver lasciato il college, e all'improvviso c'erano file lunghissime di persone che mi chiedevano di fare un autografo sui lori fumetti. Allora 2000AD vendeva davvero bene: più di 200 mila copie alla settimana.

Ti sei guadagnato una meritata fama per le tue meravigliose copertine dipinte. Quelle di Preacher riassumono la vera essenza della serie. Come le hai realizzate? Leggevi prima la storia in modo da realizzare la copertina di quel numero? Garth Ennis ti dava delle indicazioni?
Ho fatto le prime 11 copertine e poi ho incominciato a sbavare dietro a Garth e Steve perché ero diversi numeri in anticipo rispetto a loro. Allora Garth ha iniziato a mandarmi degli sketch con le sue idee per le copertine, spesso prima che la storia fosse scritta, qualche volta Steve mi ha inviato via fax sketch o studi dei personaggi. Il solo personaggio che ho creato è il cane di Jessie.
Quale pensi sia la tua migliore copertina di Preacher? Perché? È inoltre la tua migliore copertina in assoluto o hai un'altra scelta?
La migliore copertina è per il volume "Fino alla fine del mondo". È la migliore perché quando l'ho finita, andando un po' di fretta, non pensavo fosse un granché ma quando l'ho vista stampata ho pensato "questo ragazzo è proprio bravo". Axel Alonso [l'editor di Preacher, N.d.T.] mi ha detto che quando è arrivata alla Vertigo, Garth era lì a New York e ha trascorso l'intero pomeriggio a guardarla nel suo ufficio.

Sei tra amici … tra ultra_amici. Perché preferisci fare il copertinista? È perché ti pagano meglio ;-)?
Sto tornando nuovamente a disegnare fumetti, principalmente perché dopo l'11 Settembre un sacco di lavoro che avevo in programma è stato cancellato. Mi è stato offerto di fare Authority e ho preso l'occasione, e da allora, una volta che si è diffusa la voce, mi sono arrivate numerose altre proposte per disegnare pagine interne. E la cosa mi piace, e all'incirca guadagno lo stesso denaro per una settimana di lavoro che mi davano per le copertine.

Ci sono molti artisti inglesi che hanno ottenuto denaro e fama nel mercato americano. Quale pensi sia la ragione principale? Potrebbe essere per un approccio familiare ma allo stesso tempo differente nei confronti del sogno americano e della sua mitologia?

Gli americani hanno visto 2000AD e hanno visto una quantità di talenti sottopagati e sottovalutati che si consumavano le dita fino all'osso per amore del medium [fumettistico] e ottenevano molto poco in termini di rispetto dai loro editori. Inoltre c'è il modo inglese di trattare le cose che è come quello americano ma sottosopra, avanzando rimbalzando sulla testa.

Ora stai lavorando anche per la Marvel. Qual è il tuo approccio ai loro supereroi? È diverso da quando lavoravi per la Vertigo? Hai meno libertà?
Non so molte riguardo alle politiche delle varie case editrici. Tutta la gente che lavora alla Marvel e alla DC collabora con entrambe e spesso cambia parte e va a lavorare per il gruppo opposto. Al momento comunque penso che TUTTI vogliano che il fumetto abbia successo come genere a sé. Sai è strano ma la Marvel ha Spiderman e gli X-Men, la DC ha Batman e Superman, la DC ha la linea Vertigo, la Marvel ha la linea Marvel Knights. Mi piace lavorare per entrambi e in generale non ho meno libertà da una parte o dall'altra.
Facciamo un gioco. Io elenco 10 nomi di copertinisti o illustratori. E tu dici la prima cosa che ti viene in mente.
Dave McKean
Un grande artista ma ora dovrebbe buttar via il suo computer.

Simon Bisley
È una vera forza della natura, un tipo davvero divertente e amo il suo lavoro. Spesso finiamo con l'ubriacarci stando a chiacchierare al telefono.

Alex Ross
Mr. Professionalità, una forza con cui bisogna fare i conti.

Brian Bolland
Il dio del Fumetto inglese. Lui, Gibbons, O'Neill e McMahon, David Lloyd e Gary Leach ridettero splendore al Fumetto Inglese per la prima volta dopo tanto tempo.

Tim Bradstreet
Sì, mi piace, è un tipo in gamba. È fa anche dei bei disegni.

Frank Frazetta
Nessuno è così bravo come lui quando è al suo meglio. Si beve Boris [Vallejo, N.d.T. ] e tutti quelli della "banda dei riferimenti fotografici".

Ashely Wood
Non conosco i suoi lavori … Sono sicuro che è uno bravo e cercherò di dare un'occhiata ai suoi disegni.

David Mack
Come sopra, sorry!

Mike Mignola
Lo amo. I disegni più potenti dopo Kirby.

Adam Hughes
Le donne più sexy dai tempi di Gil Elveren. Sono un suo grande fan.

Qual è il procedimento standard che segui per le tue copertine dipinte? Usi dei modelli? Ti interessa l'uso del computer e di effetti digitali?
Mi siedo e faccio il disegno senza alcun riferimento. Poi stendo la prima passata di colore e il resto e mi guardo intorno disperatamente per dei riferimenti dalla mia vasta collezione di riviste, libri e sketchbook per le rifiniture. Recentemente ho installato Poser 4 sul mio computer e lo uso per sapere dove disporre i punti luce. Quando sarò ricco ingaggerò qualche modello professionista, ma al momento sono io che mi metto in posa allo specchio o mia moglie Nikki quando io mi blocco. Faccio tutto nel mio sgabuzzino, sai.
Sul tuo sito è possibile vedere delle immagini in anteprima della tua storia di Authority [The Authority: Kev, oneshot in uscita ad Agosto negli States, N.d.T.]. È la prima nuova storia disegnata da te dopo lungo tempo. Come ti sei sentito? Puoi rivelarci qualche dettaglio sulla storia? È inserito nella serie regolare o si tratta di uno speciale?
È uno speciale di 44 pagine che ho disegnato E inchiostrato ed è il mio ritorno dopo un sacco di tempo al fumetto vero e proprio in bianco e nero. Sono piuttosto felice del risultato ma mi sento ancora un po' malfermo sui piedi. È uno speciale scritto da Garth Ennis con protagonista un ex-SAS, un perdente chiamato Kev, che poi ritornerà in un'altra storia ad Agosto, credo. Garth sta già scrivendo la seconda storia di Kev, che disegnerò sempre io. Personalmente spero di fare altro sul personaggio perché è davvero divertente.

Quale personaggio di Authority è il tuo preferito da disegnare?
I miei preferiti sono Apollo e la ragazza cinese con le ali.

Un po' di tempo fa è circolata la voce di una possibile collaborazione con Alan Moore su un nuovo progetto per la ABC. Puoi dirci qualcosa?
Si tratta di una storia western. È ancora in fase di sviluppo, ma l'ultima volta che ho parlato con lui mi ha detto che si farà.

Qual è il tuo sogno fumettistico?
Che un mio progetto venga accettato dalla Vertigo.

Che cosa significa "sperimentare" per un veterano come te?
Sono un vecchio trombone, in verità e mi piacciono i bei disegni e le buone storie, ma la cosa bella dei fumetti è che PUOI fare qualsiasi cosa voglia senza dover guardare al budget per gli effetti speciali o cambiare un finale per colpa della Coca-Cola. Trovare poi un editore però … Beh, si sperimenta per migliorare, e io voglio migliorare, odio pensare che i miei lavori migliori siano quelli del passato.

Sentiamo sempre parlare della "crisi del fumetto". Che cosa ne pensi? Credi che come dice Scott McCloud i fumetti debbano essere "re-inventati"?
Tenendo le dita incrociate, fino ad adesso non sono stato colpito troppo. Infatti dal punto di vista del business non sono mai stato in un posizione tanto forte. 
Penso che quello di cui c'è bisogno è qualcosa capace di attrarre un fan dei fumetti da qualsiasi parte del mondo - Europa, USA, Giappone …, ci sono milioni di fan là fuori. Non so cosa abbia detto Scott McCloud ma scommetto che è qualcosa di simile.
Fumetti e Internet. Il futuro dei comics è sul Web?
No. Non puoi leggere al computer mentre sei in bagno senza la paura di morire fulminato.

Il Fumetto può essere Arte? Se sì, elenca 3 fumetti che possono provarlo!
Il Fumetto Arte? QUALSIASI tentativo creativo è Arte. Se tua nonna fa a maglia un maglione, quello è Arte. In realtà ho dei dubbi sul fatto che alcune delle cose che sono definite Arte al giorno d'oggi siano davvero Arte, ma buon per loro. Comunque, io non pagherei 500 mila dollari per un paio di pantaloni sporchi, neppure se potessi spenderli - e poi ho già il mio personale paio di pantaloni sporchi.
I miei 3 fumetti preferiti:
Blueberry: Angel Face e Nez Cassé (raccolti in un unico volume dalla Titan Books) di Moebius
De Tanden Van De Haai di Boucq: NESSUNO può essere più brillante.
The Bodyssey di Corben

[Intervista condotta ad Aprile 2002]

10 ANNI DI SMOKYLAND!

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Anche i Minion festeggiano!
Il 28 Luglio di 10 anni fa pubblicavo il primo post su questo blog.

Tra qualche promessa disattesa rispetto a quella prima apparizione, momenti un po' altalenanti e tanto parlare (soprattutto) di fumetti, gli anni sono volati... ed eccoci ancora qui! E... grazie a tutti quelli che ci sono stati e mi hanno tenuto compagnia!

Ad essere sincero, non sono sicuro per quanto tempo ancora continuerò ad aggiornare il blog e non faccio promesse stavolta: per essere sicuri, ogni tanto, voi fate una capatina da queste parti e date una controllata! 

recensioni in 4 parole [43]

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Quando giunge la fine.
I giorni della merla
Raccolta di intriganti storie.
Alieni: poteva andare meglio.
La saga dei Bojeffries
British humour da maestri.
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Abbiamo detto 4 parole su:
di Walter Simonson
Editore: Editoriale Cosmo
Formato: brossurato, 164 pagine, colore
Prezzo: € 7,50
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI (English)
 
I giorni della merla
di Manuele Fior
Editore: Coconino Press / Fandango
Formato: brossurato, 104 pagine, colore
Prezzo: € 18,50
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI

World War X
di Jerry Frissen (testi) e Peter Snejbjerg (disegni)
Editore: Editoriale Cosmo
Formato: brossurato, 160 pagine, bianco e nero
Prezzo: € 5
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI (English) 

La saga dei Bojeffries
di Alan Moore (testi) e Steve Parkhouse (disegni)
Editore: Bao Publishing
Formato: brossurato, 96 pagine, bianco e nero
Prezzo: € 14
Anno di pubblicazione: 2016
Per qualche parola in più: QUI

Moore & Coulthart e... il Crowley perduto!

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Dettaglio dell'illustrazione realizzata da John Coulthart.
L'illustrazione completa è visibile qui.

Nei giorni scorsi girovagando sul Web mi sono imbattuto nel sito The Orphan in cui veniva citato un progetto incompiuto, risalente agli anni '90, scritto da Alan Moore e illustrato da John Coulthart, incentrato sulla controversa figura dell'esoterista e scrittore inglese Aleister Crowley
Seppur la faccenda non mi suonasse del tutto nuova, anche considerando che Moore aveva più volte citato Crowley nelle sue opere (basti pensare, tra gli altri, a V for Vendetta, Promethea N. 12 e La Lega degli Straordinari Gentlemen), confesso che non ricordavo d'avere mai visto l'illustrazione realizzata da Coulthart che apriva il pezzo su The Orphan (un dettaglio dell'immagine lo trovate sopra: l'illustrazione completa è visibile qui).
Ho così contattato John Coulthart per saperne di più e Coulthart, con la sua solita e apprezzata gentilezza mi ha prontamente risposto, autorizzandomi alla pubblicazione di quanto segue. 

John Coulthart: Le informazioni pubblicate sul sito sono un po' scarne rispetto alle spiegazioni che inviai a Brendan. Ho recuperato i dettagli scritti al tempo:

    Si tratta di una mia collaborazione con Alan Moore, datata 1996, che poi Alan fu costretto ad abbandonare. La spinta iniziale fu che l'editore Creation Books aveva intenzione di realizzare un'antologia di racconti su Aleister Crowley.
Alan era contento di darmi l'opportunità di illustrarli dal momento che la nostra pianificata collaborazione sul progetto "Yuggoth Cultures" (anche quello per Creation) era naufragata dopo che Alan aveva dimenticato il manoscritto originale su un taxi a Londra. Non ricordo il titolo della storia (devo verificare questo dettaglio), era una stramba frase tratta da "Il Libro della Legge" di Crowley, ma Alan aveva pensato a sette sezioni ognuna delle quasi suddivisa in un determinato numero di paragrafi. Non ricordo quale fosse questo numero - derivato da John Dee, credo - ma era alla base dell'intero scritto. Oh, ora ricordo... le sezioni erano sette perché quello è il numero di Babalon, la Donna Scarlatta; Crowley chiamava tutte le sue mogli e amanti Donne Scarlatte per cui ogni sezione avrebbe preso in esame Crowley attraverso vicende legate ad ognuna di queste donne. Realizzammo solo la prima parte, incentrata sulla prima moglie di Crowley, Rose Kelly, e le loro esperienze al Cairo nel 1904. Alan mi presto i suoi libri di Franz von Bayros dal momento che voleva che lo stile del disegno richiamasse quello che lui definiva "la pornografia frattale" di von Bayros. 
L'immagineè tratta da una fotocopia ridotta di un disegno davvero molto grande realizzato a china che prima d'ora non è stato mai pubblicato da nessun'altra parte. L'illustrazione incorpora numerosi e precisi riferimenti a Crowley. L'originale è così grande che non sono sicuro che sarebbe stata una buona illustrazione poiché molti dettagli sarebbero svaniti [in stampa]. Ma il disegno mi piace anche se manca dell'eleganza dello stile di von Bayros. Questo è il solito problema dei pastiche: spesso si riesce a catturare i dettagli ma si perde l'essenza del lavoro dell'artista originale.

    [...]

    Se hai bisogno di maggiori dettagli sulla storia dal lato di Alan, credo che l'intera opera si sarebbe intitolata "La casa disordinata della Città Vittoriosa", da "Il Libro della Legge" di Crowley. Sette è il numero di Babalon, così come lo è 156. Il 156esimo verso del Libro della Legge (Capitolo III, paragrafo 11) include quella frase. Alan utilizzò il numero 156 come base dell'intera storia al punto da scrivere paragrafi di 156 parole ciascuno. Non ricordo quanti fossero i paragrafi. Si trattava ovviamente di un compito arduo ed è una delle ragioni per cui la storia non fu completata. La parte centrale dell'illustrazione è contenuta entro una griglia composta da 156 quadrati.

    Altro elemento: la sequenza di Rose Kelly è piuttosto disgustosa --- Crowley aggredì la moglie e poi la costrinse a guardare il corpo in decomposizione della loro figlia. Sebbene Alan avesse scritto solo quella sezione mi disse che nelle altre parti le donne sarebbero state trattate meglio, per il loro bene e non per quello di Crowley. L'intenzione era quello di spostare l'attenzione da Crowley alle sue donne che diedero a lui moltissimo ricevendo pochissimo in cambio. Rose Kelly finì in manicomio.

    Da qualche parte, credo, ho ancora il fax o fotocopie del testo anche se è materiale di Alan e, ovviamente, non è nelle mie disponibilità.

Un sentito ringraziamento a John Coulthart per questo piccolo "scoop". Rimando a The Orphan per la visione dell'illustrazione completa.
Rose Kelly e Aleister Crowley.

[Oldies but goldies] JAMES KOCHALKA 2001

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James Kochalka
Continuano i recuperi dal dismesso sito Ultrazine.org. 
Questa volta il palcoscenico spetta a JAMES KOCHALKA, prolifico e amato autore indie (con qualche incursione nel mainstream), tutt'oggi poco pubblicato in Italia. Lo intervistai nel lontano 2001: l'intervista rimane una delle più divertenti e sincere che abbia mai fatto. Buona lettura!
JAMES KOCHALKA
L'importanza d'essere una Superstar
a cura di smoky man
(special thanks to: Chris Staros, Alessandro Onori e Gianfranco Loriga)
 Intervista originariamente pubblicata su Ultrazine.org nel marzo 2001

James Kochalkaè stato definito "una delle luci più brillanti del fumetto indipendente [USA]" (da Diamond Comic Distribution). Ed è vero!
Con il suo stile cartoonist, unico e immediatamente riconoscibile, e i suoi lavori pieni di elfi, gatti, robot e minimali eventi della vita quotidiana ha conquistato il cuore dei lettori e della critica. Jeff Smith, creatore di Bone, dice di lui: "Il lavoro di James Kochalka è libero e spontaneo… Amo i suoi fumetti. Non c'è nulla di meglio che vedere qualcuno buttare inchiostro sulla pagina bianca senza alcuna inibizione; riempire gli angoli e disegnare oggetti su oggetti con piena comprensione della profondità spaziale che esiste in un mondo bidimensionale… Amo i fumetti di James Kochalka. Attirano la mia mente e mi trasportano fino alla fine" (dall'introduzione a Quit Your Job).
I suoi lavori per etichette indipendenti comprendono piccoli capolavori come: Quit Your Job (Alternative Press); The Horrible Truth about Comics (Alternative Comics), una fondamentale riflessione sul medium fumettistico; Monica's Story (storia di Jon Lewis e chine di Tom Hart, Alternative Press), l'irriverente cronaca del caso Clinton-Lewinsky; le graphic novels, Magic Boy and The Robot Elf and Magic Boy and the Word of God.
Il suo libro più recente si intitola Monkey vs. Robot (Top Shelf Production): una divertente lotta tra un gruppo di scimmie e un gruppo di robot, forse rivelatorio dello scontro tra il nostro passato e il nostro futuro e dei pericoli dell'industrializzazione. Progetti futuri comprendono la pubblicazione dei suoi diari di sketch quotidiani, il sequel di Monkey vs. Robot intitolato Monkey vs. Robot: Battle Wars e la sua prima apparizione su un libro edito da una major. Infatti, contribuirà all'hardcover Bizzaro Comics, un volume antologico di "bizzarre e sovversive" interpretazioni dei classici supereroi DC da parte di alcuni dei più interessanti autori indipendenti e della small-press. Il volume srà disponibile a Giugno.
I suoi fumetti sono stati pubblicati in Canada, Giappone, Inghilterra, Messico, Australia, Olanda, Portogallo, Spagna. Presto vedremo la prima edizione italiana di uno dei suoi lavori: un albo di 16 pagine pubblicato dallo staff di Kerosene contenente Little Lovers, una tenera storia di gatti e uccellini, originariamente pubblicata nel volume del 1998 della Small Press Expo, il tutto arricchito da una nuova cover.
Ma questo è davvero tutto quello che si può dire su un uomo che si è autoproclamato Superstar? Naturalmente no! James Kochalka ha un'altra carriera che s'intreccia con quella di cartoonist, una carriera che dura da oltre dieci anni. È una rock star con il suo gruppo chiamato, naturalmente, James Kochalka Superstar. Ha prodotto tre CD: Carrot Boy the Beautiful (Sudden Shame Records), The True Story of James Kochalka Superstar (Dot Dot Dash), e il suo ultimo, Monkey vs. Robot (Tarquin Records). Con la sua musica ha raggiunto un grande successo nei circuiti indipendenti e Monkey vs Robot ha recentemente vinto The College 500 Awards (votato da tutte le radio e le etichette musicali della nazione) come "Best Indie Record".
In una breve autobiografia su www.bigheavyworld.com ha ammesso con franchezza: "Non so suonare nessuno strumento, ma scrivo le canzoni nella mia testa, le canto ai miei musicisti e loro capiscono come suonarle. È divertente e mi piace". Attualmente sta registrando il suo nuovo CD, Don't Trust Whitey. Ah, Magic Boy Superstar, ovverosia James Kochalka, vive a Burlington, Vermont, con sua moglie Amy e il loro gatto Spandy.

Ulteriori info su James Kochalka:
KOCHALKALAND 
JKS music
su Comic Book DB
SULLA STRADA PER ESSERE UNA SUPERSTAR

smoky man: Ricordi la prima volta che hai letto un fumetto?
James Kochalka: No, non ricordo quand'è stata la prima volta. Sono quasi sicuro che è iniziato tutto prima che sapessi leggere, perché mio padre era un grande fan delle prime strisce che uscivano sui quotidiani, e probabilmente me le leggeva. Da piccolo il mio preferito era Pogo, e avevamo un sacco di vecchie raccolte di Pogo. Mi piacevano anche i Peanuts, Flash Gordon, Krazy Kat, Little Nemo in Slumberland, Li'l Abner.

Quando hai capito la potenzialità del medium fumettistico di proporre idee importanti?
Non credo d'averlo capito che di recente, tra l'inizio e la metà degli anni '90. Fino ad allora pensavo ai fumetti come una stupidaggine disturbata. Quando entrai a far parte della scena dei mini-comics [pubblicazioni autoprodotte, a volte di piccolo formato, spesso fotocopiate, in tirature bassissime, N.d.R.], fu quando capii il lato poetico del fumetto. King Cat di John Porcellino e Boom Boom di David Lasky sono stati una grande influenza per me.

Perché il Fumetto?
Quando avevo 8 anni, il mio miglior amico ed io avremmo disegnato fumetti insieme per tutto il tempo. Ci incoraggiavamo a vicenda. Penso che ora lui sia un meccanico d'auto. Non ci parliamo più né ci vediamo. Al college e negli anni successivi mi sono dedicato alla pittura ad olio. Nessuno ha mai visto i miei dipinti se non i ragazzi delle consegne delle pizze a domicilio e mia moglie Amy. Ma con i minicomics, centinaia di persone li avrebbero visti e mi avrebbero persino scritto lettere d'incoraggiamento. In pratica, ho disegnato fumetti per tutta la mia vita e fu inevitabile che scoprissi la stampa indipendente e che mi unissi a loro. E se si pensa ad essa come una scena, è molto più vibrante di quanto non sia la pittura americana in questo periodo.

Quali sono le tue influenze?
Non ho già risposto? Un'altra grande influenza sono i libri dei Moomintroll. Sono incredibili. Anche Tintin e Asterix erano tra i miei favoriti quando ero piccolo. I fumetti per ragazzi non hanno avuto un grande impatto su di me quanto quelli per bambini.

Cosa significa esser un fumettista "indie"?
Credo significhi libertà. Libertà di fare quello che voglio.

Fumetto: industria o arte?
È un'arte, per quanto mi riguarda, e i miei editori sono più dei mecenati che degli uomini d'affari.
ELFI, GATTI E MONICA LEWINSKY

Le tue storie sembrano così tenere, piene di elfi, anelli magici, maghi e, naturalmente, per via del tuo stile cartoon. Ma spesso contengono dei momenti disturbanti come per esempio la pisciata finale in Magic Boy's Welcome to Earth e in The horrible truth about comics, o, la scimmia che fa i suoi bisogni sulla testa pelata di Adamo in Paradise sucks. Questo solo per citarne alcuni. Si tratta di un'eredità dello spirito punk o forse di una lezione del fumetto underground? 
Si, è lo spirito punk. Ero solito passare di fronte alle vetrine dei ristoranti e sputare sulle persone che stavano mangiando. Sputavo sulla vetrina, all'altezza degli occhi, per disgustarli. Ma ero giovane e stupido allora. Mi sentivo un po' respinto dalla società e così io respingevo loro a mia volta. Alla fine ho imparato che azioni positive hanno un ritorno molto maggiore. Ora cerco di scrivere storie carine e positive. Attualmente penso che il mio lavoro possa rendere le persone più felici e migliori.

Che tipo di storie preferisci raccontare? Potresti cercare di definire la tua personale visione estetica?
La vita è una lotta, e io cerco di mostrare questa lotta. Ma per me, per quanto sia forte il livello di stress che sento, vedo che la Terra è un posto che scoppia di bellezza. Sto cercando di passare oltre le cose stressanti della mia vita e vivere il mondo come un esplosione gioiosa. Quando smetti di lottare, la vita è allegra e spensierata.

Se dovessi definire i tuoi comics che cosa diresti?
I miei fumetti sono la conferma del mio modo di vedere la vita.

Hai disegnato Monica's Story, un fenomenale racconto sul grottesco caso Bill Clinton-Monica Lewinsky. Quale è stato il motivo per una storia simile?
Oh, è stata l'idea dell'editore. Jeff Mason della Alternative Comics pensava che sarebbe stato divertente se ne avessimo fatto un veloce adattamento quando il rapporto Starr stava uscendo. Naturalmente non potevamo fare una narrazione vera della cosa. Rappresentammo le autentiche, umane emozioni che stavano dietro lo scandalo. Infatti, non l'abbiamo trattato come uno scandalo, ma come un'onesta analisi di come funzionavano i cuori di questi due esseri umani.
Nella tua ultima graphic novel Monkey vs. Robot, racconti, quasi senza parole, una crudele lotta tra un gruppo di scimmie e dei robot. È la natura contro la tecnologia? Hai cercato di mandare un messaggio ambientalista ai lettori?
Può essere letta come una storia ambientalista, natura contro tecnologia, se vuoi, ma non è il vero messaggio. La morale non è che la tecnologia è sbagliata e che sta distruggendo la natura, ma piuttosto che tecnologia e natura sono due facce della stessa medaglia. Se guardi attentamente la storia, vedrai molte similitudini tra le scimmie e i robot. Lottano perché pensano d'essere opposti, ma in realtà sono la stesa cosa. In realtà il libro è il mio tentativo di unire la mia natura analitica con quella animale.

I gatti sono un importante elemento nei tuoi lavori. Perché?
Perché nella mia vita i gatti sono stati importanti per me quasi quanto le persone.

Puoi dirci qualcosa su Little Lovers, la storia che verrà presto pubblicata in Italia? In che modo i tipi di Kerosene ti hanno contattato?
Si tratta una storia d'amore tra un gatto innamorato di un uccello e un uccello innamorato di un gatto. Il gatto vorrebbe masticare la testa dell'uccello, e l'uccello vorrebbe che la sua testa venisse masticata. Ecco ho rovinato la storia per tutti! Penso che uno dello staff di Kerosene mi abbiano mandato un'email dicendomi che gli sarebbe piaciuto pubblicare qualcuno dei miei lavori… ed io gli ho mandato questa storia. Non so se c'è qualche aneddoto magico dietro tutto questo. Mi domando un po' perché la gente è interessata a tradurre i miei lavori e di sicuro ci sono autori di fumetti italiani che meriterebbero d'essere pubblicati quanto me. Comunque, sono molto eccitato d'essere pubblicato lì da voi e spero d'avere altre possibilità in futuro. Spero che agli italiani piaccia il mio fumetto. E spero che Kerosene faccia un buon lavoro di traduzione.

Presto vedremo in stampa le tue strisce quotidiane tratte dal tuo diario personale. Aggiungeranno qualcosa di nuovo che i tuoi lettori non sanno già di te o vedremo il solito, sorprendente JKS?
Umh, non so se ho ben capito la tua domanda. Ma sì, credo che le mie strisce giornaliere documentino abbastanza accuratamente la mia vita. Catturano la mia monotona vita fisica, la mia vita emozionale e la mia vita immaginativa. Danno un quadro abbastanza completo della realtà di questo singolo essere umano. Il libro si intitola The Sketchbook Diaries e dovrebbe uscire per Top Shelf abbastanza presto.

Da quanto ho letto hai una storia su Bizarro Comics della DC Comics. Questo è il tuo primo lavoro mainstream perciò come ti senti e quale sarà il tuo contributo?
Ho scritto una storia di Hawkman, che è stata disegnata da Dylan Horrocks (che ha realizzato l'interessante e complessa graphic novel Hicksville). La DC non avrebbe lasciato che la stessa persona scrivesse e disegnasse la storia. Credo che se uno avesse scritto e disegnato la storia avrebbe potuto reclamarne il copyright, e la DC vuole evitare simili situazioni. Ma amo i supereroi e acchiapperei al volo l'occasione di scriverne o disegnarne un altro di nuovo.
L'ORRIBILE VERITÀ SUI FUMETTI

Parliamo di The horrible truth about comics. È uno dei fumetti più importanti che io abbia letto ed un fenomenale punto di partenza per una riflessione critica sui fumetti. Naturalmente mi trovo d'accordo con te su un sacco di punti. Allora è vero che "non riesci a smettere di pensare ai fumetti"?
È vero che non riesco a smettere di pensare ai fumetti. Specialmente ora che sto facendo le strisce quotidiane per il mio diario, qualsiasi cosa faccia durante la giornata, lo traduco nella mia mettere in forma di fumetto. The Horrible Truth About Comicsè il mio tentativo di spiegare l'attrazione magica che i fumetti sembrano avere su di me su molta altra gente.

Qual è la tua opinione su Capire il Fumetto di Scott McCloud?
È un libro molto eccitante da leggere quando inizi ad interessarti al medium fumettistico. Ma più disegni e diventi familiare con esso, più ti sembra che sia semplicistico e diagrammatico.

Quale pensi possa essere una forma di sperimentazione nei fumetti? Può Internet essere la nuova frontiera? O la rivoluzione deve essere fatta nella testa e nell'anima degli artisti?
Sì, la rivoluzione sarà nelle nostre teste. Comunque, una rivoluzione tecnologica può cambiare la nostra mente e anima. Come anche una rivoluzione filosofica potrebbe portare dei cambiamenti nella tecnologia. Penso che sia un po' sciocco da parte di Scott McCloud essere così eccitato per i fumetti su Internet. Il grave problema è che sono brutti da vedere. Lo schermo, fino ad ora, è un sostituto inadeguato per la pagina stampata. Penso che sia più eccitato per il futuro che per il presente. Non sono però uno contro la tecnologia, amo il mio computer quasi quanto amo il mio gatto. A Spandy piace un sacco rannicchiarsi vicino al computer mentre sto scrivendo o giocando ai videogames.

Tu hai detto: "L'abilità tecnica è il nemico", "Il mestiere non è un amico" e queste affermazioni hanno dato il via a discussioni e polemiche. Puoi dirci che cosa volevi davvero comunicare?
Non so esattamente che cosa stessi pensando quando dicevo "L'abilità tecnica è il nemico". Perciò partiamo da un nuovo inizio. Penso che gli artisti che hanno un grande mestiere, che hanno perfezionato la loro tecnica, sono artisti che si sono atrofizzati e hanno smesso di crescere. Io vorrei scuotermi sempre per qualcosa che non è ancora a posto piuttosto che pensare che sia tutto in ordine. In più, il processo per raggiungere la grandezza è una battaglia contro difficoltà insuperabili e superiori alle proprie abilità. Non si raggiunge la grandezza conoscendo un certo numero di trucchi grafici o di tecniche che tu puoi estrarre dal cappello in momenti opportuni.
THE MAGIC MUSIC BOY

In che modo la tua musica e i tuoi fumetti interagiscono tra loro?
Sono entrambi una parte importante della mia vita di tutti i giorni. Disegno fumetti ogni giorno, e scrivo canzoni ogni giorno. Come la vita stessa, musica e fumetti fanno parte della ribollente gioiosa spuma della mia esistenza.

Musica e fumetto: se dovessi scegliere?
Gli intervistatori AMANO farmi questa domanda! Perché dovrei scegliere?

Ho ascoltato un po' della tua musica e mi sembra molto attuale e "low-fi". Quali sono le tue influenze musicali?
Mi piacciono i musicisti dilettanti. Amo la musica di gente che manca di abilità tecnica, ma che trabocca di meravigliose melodie. Ma apprezzo anche i buoni musicisti. La melodia però è probabilmente la qualità più importante nella musica che colpisce il mio animo più in profondità.

Se dovessi definire la tua musica?
È futile e a volte un po' sporca, ma il suo cuore melodico batte in profondità. Non sono canzoni di novità, sono canzoni sui miei pensieri e sentimenti più intimi espresse in un modo frivolo e buffo.

In una delle tue canzoni intitolate I am rock, "Io sono rock" canti: "my name is Mr. Rock n' Roll - il mio nome è Mr. Rock n' Roll / and you know that I want your body - e sai che voglio il tuo corpo/ I could also use your soul - potrei anche prendere la tua anima/ my name is rock, Mr. Rock n' Roll - il mio nome è rock, Mr. Rock n' Roll ". La tua musica è un esperienza soprattutto fisica?
Le mie esibizioni dal vivo sono molto fisiche. Esco sempre dai miei shows con lividi e graffi. Ma penso che la musica in se stessa sia un fatto fisico. Nel senso che può suscitare una potente risposta emotiva, e le emozioni possono avere un forte effetto fisico sul corpo.

Ricordo una storia divertente riportata nel volume a fumetti della Small Press Expo del '99 e intitolata The 3 Geeks in: Who heck is CBLDF? ("I 3 fumettomaniaci in: chi diavolo è CBLDF?"), di Rich Koslowski. In quella storia ci sei tu che come ospite d'onore te ne andavi in giro nudo cantando qualcosa su "un piccolo pony". È un fatto vero? Abitualmente fai questo numero nel tuo show dal vivo?
Mi sono esibito nel bar dell'hotel alla Small Press Expo (l'expo si tiene in un hotel). E mi sono tolto i vestiti mentre cantavo. Però, non ho mai camminato nudo durante la convention di fumetti come è disegnato nella storia. Spesso rimango parzialmente nudo durante i miei concerti rock, ma non sempre. È un po' diverso da come uno può immaginarsi la cosa, non si tratta di qualcosa di così strano.

Qual è l'emozione più forte che ricevi mentre canti dal vivo di fronte ad una platea? Che differenza c'è rispetto a quando incontri i tuoi lettori a una convention di fumetti?
Incontrare i miei fans ad una convention è sempre un po' imbarazzante, ma loro sono più nervosi di quanto non lo sia io, perciò cerco di fare del mio meglio per metterli a loro agio. Ma non è niente in confronto ad esibirsi su un palco. Un concerto è pura energia…

Una semplice curiosità: è vero che conosci Moby?
Sì e no. Da quando è famoso non ho davvero trascorso del tempo con lui. L'ultima volta che ci siamo frequentati è stato anni fa. Ha promesso di fare gli scratch in uno dei miei dischi ma non è mai successo. Il mio prossimo album dovrebbe contenere una canzone in cui lui fa il controcanto. E quando dico controcanto, significa che lui è uno delle 30 persone del coro. Lui e il suo amico Paul Yates hanno tirato fuori i loro peni durante la registrazione!

Come ci si sente ad essere una Superstar?
Mi sento benissimo. È davvero bello che così tanta gente apprezzi il mio lavoro. Spero di avere un effetto positivo sul mondo.

Qual è il tuo progetto che sogni di realizzare nel campo fumettistico? E in quello musicale?
Ora il mio sogno per quanto riguarda i fumetti, è quello di disegnare un albo nello stile di un videogame fantasy come Zelda o Final Fantasy. Comunque, devo finire un paio di altri lavori prima di lavorare su questo. Attualmente sto dedicandomi ad un nuovo fumetto per la Top Shelf dal titolo Pinky & Stinky su due maiali che esplorano la luna. È davvero stupido. Non so ancora se finirà per diventare qualcosa di più profondo di una stupida chiassata. Musicalmente, mi piacerebbe molto avere un mio programma musicale settimanale alla TV.
Concludiamo facendo un piccolo gioco sui fumetti. Ti dirò 5 nomi di artisti e 5 nomi di personaggi e tu potrai dire quello che vuoi. So bene che sei un uomo senza paura!

Artisti: Robert Crumb
I suoi schizzi sono migliori dei suoi fumetti. I suoi schizzi sono fantastici!

Moebius
Elegante, ma alla fine, senza senso.

Alan Moore
Troppo pretenzioso e mistico. Ma ho amato Watchmen. È uno dei miei fumetti preferiti di sempre.

Hernandez Bros
Sono orribili. Ho cercato di leggere qualcosa, ma l'ho trovata terribile e ho smesso. Per quanto ne so, piacciono ad un sacco di persone. Penso che uno di loro disegni davvero bene, ma non so dirti chi di loro sia.

George Herriman
È un grande! Mi piace specialmente la serie delle strisce di Krazy Kat intitolata Tiger Tea.

Personaggi: Pogo
Un personaggio con un gran bell'aspetto. Una bella testa rotonda e un naso divertente.

The Spirit
Non mi ha mai attirato quando ero piccolo perché sembrava troppo adulto. Non mi attira neppure ora.

Sandman
Mi è piaciuta la storia del Baby Sandman. Quella che aveva quei graziosi disegni cartoony di Sandman da bambino: è la sola che abbia mai comprato.

Calvin& Hobbes
Il design di Calvin e Hobbes è grande. Sono perfetti messi l'uno vicino all'altro. Si completano l'un l'altro sia in grandezza che in forma che in movimento.

Superman
È grande. Le storie buffe e bizzarre di Superman sono le migliori. I fumetti DC degli anni '60 sono meravigliosi ed eccezionali. Amo i disegni un po' rigidi, ma non amo molto lo stile di scrittura altrettanto rigido. Quei fumetti sembrano il prodotto di cattivi scrittori con una meravigliosa immaginazione. 

Grazie per la tua disponibilità, la tua gentilezza e il tuo tempo. 

[Intervista originariamente pubblicata su Ultrazine.org nel marzo 2001]

THE COMIC INVENTION a Glasgow

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Dal nostro inviato in U.K. Omar Martini, che sentitamente ringrazio, nel seguito potete leggere un interessante reportage scozzese. Che risuonino le cornamuse!


UNA MOSTRA CON MOLTE AMBIZIONI, MA...
a cura di Omar Martini

A fine giugno, dopo un anno e mezzo di soggiorno a Edimburgo, un evento legato al fumetto è riuscito a farmi uscire dai confini della mia nuova città di adozione. Certo, ogni tanto la tentazione di avventurarsi nella natura “selvaggia” c’era già stata, soprattutto grazie a documentari con doppiatori di eccezione come David Tennant o Ewan McGregor, ma il passo decisivo di prendere un treno non l’avevo ancora fatto. La pigrizia e lo scarso tempo libero si erano rivelati una combinazione letale.

L’oggetto della mia “gita fuori porta” è stata THE COMIC INVENTION, una mostra organizzata dal professore Laurence Grove e dal curatore Peter Black, che ha avuto luogo dal 18 marzo al 17 luglio presso il museo Hunterian di Glasgow (qui trovate un breve video introduttivo sull’evento), e che si componeva fondamentalmente di due parti: una serie di esempi di forme di narrazione o opere d’arte che, analogamente al fumetto, uniscono le parole alle immagini, e un’esposizione di tavole originali di Frank Quitely, il disegnatore di Glasgow famoso soprattutto per le sue numerose e fortunate collaborazioni con Grant Morrison e Mark Millar.
Frank Quitely: copertina per l'edizione Absolute di All-Star Superman.
Mi avventuro nella città di Glasgow una domenica mattina, dopo un comodo viaggio in corriera, un’alternativa decisamente più economica rispetto al treno, soprattutto se puoi acquistare in anticipo il biglietto su internet. Armato della mia guida sulla Scozia, aperta diligentemente sulla pagina della mappa della città, mi aggiro tra le vie illuminate da un tiepido sole, che smentisce la canonica previsione di pioggia per questa giornata (in realtà, la pioggia mi accoglierà all’uscita, una volta conclusa la visita al museo). Nonostante non sia prestissimo - le 10.30 circa - le strade sono semivuote e mi sembra di vagare in una cittadina che lentamente e pigramente si sta svegliando. C’è qualche bar aperto, con rari clienti - soprattutto turisti - che entrano per fare colazione, i negozi, soprattutto quelli della zona pedonale, alzano sonnecchiosamente le saracinesche e tutto sembra prendere vita con una certa stanchezza… probabilmente a causa dei postumi alcolici del sabato sera precedente.
Passo attraverso una zona piuttosto verde, con negozietti, una fumetteria che, considerate le copertine scolorite in vetrina, deve essere chiusa da parecchio tempo, e ancora tanti caffè dove fermarsi per uno spuntino o una sosta (anche qui, come a Edimburgo, i posti per mangiare e bere non mancano di certo). Dopo una piacevole camminata di una quarantina di minuti, arrivo al museo Hunterian, collegato all’Università della città, che ospita la mostra oggetto del mio viaggio, oltre a una esposizione di quadri permanente e alla stupefacente Mackintosh House, la casa dell’omonimo architetto, arredatore, pittore e grafico che si ispirava all’Art Nouveau e di cui conoscevo lo stile e numerose opere, senza però sapere che fossero state realizzate tutte dalla stessa persona, il cui nome non mi era familiare.
Mackintosh House.
In due sale, dove non era possibile realizzare fotografie - è per questa ragione che a corredo di questo testo troverete le riproduzioni delle immagini raccolte su internet e non le foto dell’evento -, si snoda l’intera mostra, suddivisa nettamente nelle due parti precedentemente riassunte e a cui fa da elemento di congiunzione un breve “fotoromanzo” con protagonista Frank Quitely, che spiega che cosa sia il fumetto.
La prima parte è quella più didattica, il cui scopo è fondamentalmente spiegare & mostrare che l’unione tra testo e una sequenza di disegni - o anche semplici immagini - atti a raccontare non è caratteristica esclusiva del fumetto, ma è utilizzato - mutuato? - anche da altre arti, come la pittura, la grafica e la fotografia. L’assunto di partenza è piuttosto ingenuo - o forse è diretto a persone che vengono ritenute completamente digiune su che cosa sia il fumetto -, ma il valore di questa sezione è dato dalle opere raccolte: se alcune sono piuttosto ovvie e scontate, altre risultano piuttosto interessanti e il loro accostamento è in grado di provocare dei collegamenti e dei percorsi inusuali. 
Andy Warhol, Jackie.
Si passa, tra le varie cose, dall’immancabile pop art di Andy Warhol (Jackie Kennedy e la lattina della zuppa Campbell), alle due pagine del fumetto pubblicato su “Girls’ Romances” n. 78 da cui Liechtenstein riprese la celebre immagine della coppia in auto - rielaborata, tra l’altro, nel manifesto della mostra stessa -, a un quadro dell’artista scozzese Eduardo Paolozzi, a una stele egizia, a Boîte D'allumettes di Hervé Telemaque, al bozzetto di Rembrandt della deposizione di Cristo, a The Bastard Offspring e alla litografia Crossroads di Art Spiegelman, in cui sintetizza magnificamente il suo capolavoro Maus, ad alcuni Oscar Mondadori degli anni Settanta-Ottanta dedicati alle storie dei paperi della Disney, a Sueños y mentiras de Franco di Pablo Picasso, a David Hockney con la sua acquaforte The Hypnotist, al collage Horsefeathers 13 di Robert Rauschenberg, alle illustrazioni di guerra di Archie Gilkison, alla serigrafia Kent State di Richard Hamilton, che riproduce la foto di una delle persone colpite durante il massacro alla Kent University, alla litografia del poema-poster Electric Chair di Colin Self.
Electric Chair di Colin Self.
Opere variegate, di alto - spesso altissimo - livello ma che non mi sembrano comporre un percorso specifico, atto a rappresentare un concetto ben definito. L’idea era quella, come si può leggere nel sito dedicato alla mostra, di raccontare per immagini come l’uomo è in grado di raccontare storie usando le immagini, ma l’intera cornice risulta pretestuosa perché il vero “traguardo” dell’intero percorso è arrivare al fumetto, o meglio ancora, al primo fumetto mai pubblicato. Sempre nelle intenzioni dei curatori, ritengono che la cultura contemporanea sia imbevuta dell’intrinseca caratteristica del fumetto di unire testo e immagine, soprattutto grazie alla fondamentale diffusione dei social media, ma questo punto di vista - potenzialmente - originale, questo desiderio di infrangere le barriere tra cultura “alta” e “bassa” rimane nella testa e nelle intenzioni dell’organizzazione e non viene espressa adeguatamente né nell’ordine delle opere esposte né nei brevi testi delle didascalie.

Proseguendo il percorso della mostra, nella sala accanto c’è l’esposizione dedicata alla produzione di Frank Quitely. Ovviamente, la parte del leone la fa la DC Comics, di cui sono presenti tavole legate a The Scottish Connection (1998), la storia di Batman ambientata in Scozia scritta da Alan Grant, e «All-Star Superman» (2005-2008), il ciclo di dodici albi scritti da uno dei due principali collaboratori del disegnatore, Grant Morrison, anche lui di Glasgow. Oltre a queste due fumetti, ci sono alcuni esempi di storie brevi realizzate per testate antologiche come ”Adam & Eve” su testi di Robert Rodi per «Strange Adventures» vol. 2 n. 1 (1999), “Romancing the Stone”, assieme a Ilya, per «Heart Throb» vol. 2 n. 2 (1999), “Watching You” di Bruce Jones per «Flinch» n. 12 (2000) e “Cottingley Fairy Photos”, su testi di Paul M. Yellovich, per il volume The Big Book of Hoaxes della Paradox, la defunta etichetta degli anni Novanta della DC Comics; a tutto questo, si aggiungono le copertine per «Birds of Prey» n. 125 e «Authority» n. 22, nonché una tavola dalla miniserie Flex Mentallo di Grant Morrison (1996). Oltre a questi esempi, che costituiscono la maggioranza delle tavole in esposizione, c’è ben poco altro: un’illustrazione della copertina di “Missionary Man” (1993-1994), una serie di Gordon Rennie pubblicata sul mensile «Judge Dredd Megazine», qualcosa tratto dal ciclo degli X-Men, realizzato assieme a Grant Morrison (2001-2003), e dalla serie Jupiter’s Legacy (2013-2016), su testi di Mark Millar per la Image Comics. Nel complesso, la sua produzione è abbastanza ben rappresentata, sebbene gli esempi siano concentrati quasi esclusivamente su un editore e non ci sia praticamente nulla dei suoi esordi.
Frank Quitely, Batman: The Scottish connection.
L’impressione generale è che, pur offrendo uno sguardo sulla produzione di questo autore, non ci sia un vero e proprio percorso che ne illustri l’evoluzione e le diverse sfaccettature. Sembra tutto un po’ casuale, quasi come se le tavole fossero stati selezionate seconda la disponibilità del momento.
A questo si aggiunge il fatto che ogni tavola di Quitely è affiancata da un’opera che dovrebbe possedere un’affinità con il fumetto esposto oppure potrebbe averla ispirata. Se in alcuni casi questo collegamento è reale, come quando sono state inserite delle informazioni legate al racconto “Cottingley Fairy Photos”, altri esempi sembrano pretestuosi, quasi a voler attribuire una paternità artistico-culturale a tutte le tavole - e, di conseguenza, all’opera - di Quitely. La tendenza a cercare di dimostrare forzatamente il valore e la qualità della mostra si respira un po’ ovunque, quasi a voler motivare, in un luogo così prestigioso, la presenza di un’arte che ancora molte persone considerano minore - e che, per quello che mi sembra di percepire in generale nel territorio UK, non ha ancora raggiunto pienamente, da parte dei suoi autori, quella coscienza diffusa di poter raccontare storie che non si esprimano necessariamente attraverso il genere o i super-eroi.
Questa mancanza di visione nel concepire e realizzare la mostra la si percepisce anche in un altro elemento, sicuramente minore, ma che, poiché “il diavolo si nasconde nei dettagli”, trasmette l’idea di come sia stata concepita l’intera esposizione. Mi riferisco all’organizzazione grafica e alla forma delle didascalie e dei testi che accompagnano le varie opere, fondamentalmente brutta, che cerca, senza un motivo apparente, di riprodurre quei testi come se fossero parte di un fumetto, ma che in realtà trasmette una sensazione di superficialità e dilettantismo. Il font scelto non è quello che si trova normalmente nei pannelli - e che è utilizzato, per esempio, nelle altre esposizioni non di fumetti presenti in quel museo -, ma è un carattere tipografico banale che può/deve dare l’impressione di essere quello che normalmente si trova in un albo a fumetti. A questo si aggiungono dei testi eccessivamente sintetici e senza quelle informazioni necessarie per il percorso che la mostra cerca di portare avanti, nonché l’uso delle convenzioni stilistiche per identificare il titolo delle opere dalle altre parti del testo, oppure per distinguere i titoli di libri, riviste o racconti che non seguono le usuali regole ma mescolano, un po’ a casaccio, i diversi elementi, creando una potenziale confusione nelle informazioni trasmesse al visitatore. Non credo che questa sia la normale procedura portata avanti da una mostra organizzata all’interno di una struttura universitaria - come dimostrato dai testi che invece accompagnano le mostre non di fumetti presenti all’interno dell’Hunterian -, e temo sia invece una sorta di trasgressione delle regole per “avvicinarsi” all’appassionato di fumetti, forse perché si ritiene inconsciamente che abbia bisogno di “strizzatine d’occhi” per potersi avvicinare a una mostra dedicata al proprio argomento preferito.
Prima pagina di Glasgow Looking Glass Vol. 1., N. 1.
L’esposizione si conclude con tre pannelli che presentano i primi esempi di fumetti realizzati su rivista. All’immancabile Rodolphe Töpffer però si contrappone la rivista «Glasgow Looking Glass», uscita nel biennio 1825-1826, che dovrebbe togliere all’autore svizzero il primato di primo creatore di un fumetto poiché sarebbe stata in realtà quella pubblicazione a stampare quello che potrebbe essere considerato il primo “comics” della storia. Lo studioso e amico Fabio Gadducci mi ha successivamente confermato la correttezza di questa nozione, spiegandomi però che quello è un fatto risaputo tra gli studiosi - come si può anche verificare in una pagina internet dell’Università di Glasgow, datata giugno 2005. Il problema di questa “scoperta” all’interno della mostra è che la comunicazione dell’esposizione trasmette l’idea che questo sia una scoop di quell’evento e, se da un punto di vista del marketing, questa decisione può essere compresa, da un punto di vista accademico, considerata anche la cornice dove questo evento ha luogo, ritengo sia inappropriata e non veritiera. Se ci sono elementi per riscrivere, per l’ennesima volta, quale possa essere stata l’origine del fumetto e quale possa essere stato l’esemplare o la storia a cui si vuole dare questo primato, al momento non sembra che gli studiosi organizzatori della mostra si siano preoccupati di approfondire questa notizia. Non si sa chi sia l’autore - o gli autori - di questi primi esemplari di storie a fumetti, non si conoscono notizie su come sia “nata” questa forma di racconto: l’unico elemento importante per la mostra sembra che sia quello di negare la paternità a Töpffer e attribuirla, casualmente, proprio a una rivista di Glasgow, confermando per l’ennesima volta una visione un po’ troppo “scozzese-centrica”. Questa approssimazione è confermata anche da altri elementi di quest’ultima parte del percorso. Le didascalie dei pannelli, suddivise in tre parti per illustrare tre momenti storici diversi, tendono a esprimere il primato scozzese senza suffragarlo con molti elementi. Il primo brano, nella sua sintesi, risulta superficiale e non fornisce molte informazioni, l’immagine a corredo riproduce la prima pagina/copertina del primo numero della rivista e non uno di questi primi esempi di fumetto - che sarebbe stato decisamente interessante vedere. I testi delle altre due parti proseguono nell’esporre le informazioni in modo impreciso e incoerente, e trasmettono una fastidiosa irritazione per il modo rozzo e approssimato con cui trattano questo concetto storico.
Il catalogo della mostra.
La mostra ha ovviamente anche un suo catalogo, altrettanto ambizioso e con problemi analoghi a quelli dell’esposizione a cui fa riferimento. Probabilmente ispirato dall’ultima opera di Chris Ware, Building Stories, il catalogo dal costo di quasi trenta sterline è composto da una scatola al cui interno “nuotano” cinque albi spillati in carta patinata e di diversi formati: la riproduzione del primo numero del «Glasgow Looking Glass», un albo relativo a questa pubblicazione, un albo dedicato a Fumetto e Cultura, un albo sull’invenzione del fumetto e l’ultimo dedicato a Frank Quitely. Non c’è nessuna possibilità di tenerli ordinati e la qualità della carta, considerato anche il costo complessivo del “catalogo”, non è eccelsa. Le qualità cartotecniche e concettuali dell’ ”oggetto” sembrano essere di nuovo dilettantesche, quasi come se un appassionato avesse visto qualcosa che l’aveva impressionato e avesse provato a riprodurlo senza gusto e capacità. Questo, ritengo, sia il punto meno riuscito della mostra: un oggetto brutto, pretenzioso e con un costo molto alto. Oggettivamente, in questo caso mi posso basare esclusivamente sulla forma e non sul contenuto, su cui non posso esprimere nessun giudizio. Non ho comprato il catalogo, visto che non ero rimasto impressionato né dall’oggetto in sé né dall’impostazione della mostra. È possibile quindi che alcune delle mancanze che ho rilevato nella mostra siano state risolte in questa pubblicazione, ma il costo, decisamente eccessivo, mi ha tolto qualsiasi desiderio di esplorare quell’aspetto. Per cui, concederò il beneficio del dubbio e spererò che tutte le utili informazioni mancanti all’interno della mostra siano in realtà contenute lì.
Altro elemento che non ho avuto modo di verificare di persona sono stati i numerosi eventi che ruotavano attorno: visite guidate e incontri che potevano rappresentare un ottimo modo per tenere viva l’attenzione per tutto il periodo e attirare gli interessati disponibili ad ascoltare discussioni su argomenti come Hogarth e il fumetto, Spiegelman e il disegno di tutto quello che non si può rappresentare, il primo fumetto e Rembrandt come narratore.

In conclusione, la mostra in sé offre l’opportunità di vedere numerose opere interessanti, che siano i disegni di Quitely o gli esempi artistici della sezione “culturale”, in una bella cornice che dà la possibilità di far arrivare il fumetto a un pubblico che, probabilmente, non sarebbe mai andato a vedere questo tipo di esposizione in un altro luogo, e che invece tra un arredamento di Charles Rennie Mackintosh e un quadro di James MacNeill Whistler, possono scoprire e, forse, apprezzare la qualità della proposta. Tutto questo però viene ridimensionato dalla superficialità con cui è stata organizzata la mostra e dalla tendenza, quasi ossessiva, a voler dimostrare una “supremazia” scozzese, dalle scelte delle collaborazioni di Quitely al modo, poco scientifico, con cui viene presentato, quasi fosse una novità, la “scoperta” del primo esempio stampato di fumetto. Questi elementi mettono in luce come lo spirito che ha guidato questa operazione sia piuttosto regionalistico e a tratti un po’ ingenuo.

Un’occasione sprecata, che può forse accontentare il visitatore occasionale, ma non l’appassionato con un minimo di conoscenza del settore e della storia del fumetto.
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