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Schulz e i suoi Peanuts. |
Dev'essere l'autunno che porta polemiche. Restando alle recentissime, ma senza entrare nel merito, ricordo, in Italia, la questione - al momento ancora irrisolta nei dettagli - legata agli accrediti autori per la prossima Lucca (qui un po' di storico della vicenda) e sempre in tema eventi e convention, la querelle USA sulle firme a pagamento (!) sugli albi o volumi (qui qualche passaggio per meglio "capire").
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Disegni: Frank Miller; colori: Alex Sinclair. |
Ma a noi piace stare sul pezzo: il 5 Ottobre la DC Comics ha ufficializzato la copertina realizza da Frank Miller per il mini-albo allegato al primo numero della terza saga del Cavaliere Oscuro, Dark Knight III: The Master Race, in uscita a Novembre. Potete ammirare sopra la copertina in questione.
Ebbene, parrebbe che in giro - soprattutto sul Facebook e affini - i commenti non siano stati particolarmente teneri. Così come veementi paiono alcune dichiarazioni "a difesa" dell'operato del creatore di Sin City e Ronin. Ecco cosa scrive, sul suo profilo Facebook, Rob Liefeld: "LASCIATE STARE FRANK MILLER! Voi che lo attaccate per la sua copertina di Dark Knight 3 siete delle persone orribili e vi dirò perché. 1) Frank ha quasi 60 anni e ha molto meno tempo di fronte a sé per disegnare di quanto ne abbia alle sue spalle. Ogni singola cosa che condivide con noi dovrebbe essere apprezzata per lo meno come un altro contributo all'epico lascito della sua opera. Forse i suoi disegni non sono così raffinati come lo erano in passato ma non lo erano neppure quelli di Jack Kirby o di Joe Kubert nell'ultimo periodo della loro vita ma io ho festeggiato per ogni nuovo lavoro da loro prodotto. Quando vedo un nuovo disegno di Frank Miller sono ELETTRIZZATO perché.... 2) Negli ultimi anni Frank ha avuto problemi di salute. Non è stato molto bene ma foto recenti lo ritraggono più forte e meno fragile e il fatto che stia producendo nuovi lavori, QUALSIASI essi siano, dovrebbe essere festeggiato! Di nuovo, sono felicissimo che stia condividendo i suoi talenti con noi, a prescindere dal risultato. Frank Miller ha fatto per l’industria dei comics molto più di quello che voi vi sognerete mai di fare e perché non vi fermate prima di scagliare pietre contro i suoi disegni a pensare se i vostri risultati potranno mai confrontarsi con le sue opere pluripremiate e celebrate. DAREDEVIL. ELEKTRA. RONIN. DARK KNIGHT. YEAR ONE. BORN AGAIN. SIN CITY. 300. Miller ci ha dato il suo meglio, ha contribuito alla crescita dei comics come forma d’arte e come industria e gli siamo grati che continui a condividere con noi l’evoluzione del suo leggendario talento.
Frank Miller ha cambiato il tono e il tenore dell’industria dei comics. Forse in questo esatto momento voi siete capaci di disegnare delle anatomie più precise ma - fatemi essere estremamente chiaro - non potrete mai avvicinarvi al livello di maestria di uno storyteller come Frank Miller. Come scrittore, come disegnatore, come architetto della tavola, i suoi layout, il suo segno, il ritmo, l’atmosfera sono senza eguali. Se sputare giudizi e critiche volgari vi fa sentire un millimetro più alti, vi garantisco che non potrete mai e poi mai essere nel novero dei grandi di tutti tempi a cui Frank è destinato. Apprezzate gli sforzi e i contributi di questa leggenda vivente e smettetela con i vostri stupidi commenti e giudizi pieni d’odio."
Ma è probabilmente Kurt Busiek a centrare meglio il problema, virando su aspetti più artistici: "[...] Frank parla da anni del potere “primitivo” dei supereroi, del loro maggior impatto durante la Golden Age quando erano rozzi, senza orpelli.
[...] Li disegna in modo da comunicare questa sua idea di potere grezzo e incontaminato, non come li disegnavano Neal [Adams] o Curt [Swan] o chiunque altro.
[Il suo Superman] è potente, minaccioso, un po’ Eastwood fuori di testa, con i pugni di Kirby e un cazzo ben in evidenza. Non si tratta di un errore, non si tratta di mancanza di controllo.
È una stilizzazione, una caricatura... è Frank che ci mostra una versione di Superman che non è elegante e piacevole da vedere."
Restando nell'ambito della creatività e dell'approccio di un autore alle sue creazioni e al suo lavoro, riporto un estratto di un testo pubblicato sul suo sito, l'11 Settembre scorso, dallo sceneggiatore inglese Antony Johnston, noto in Italia (principalmente) per gli adattamenti a fumetti di alcuni racconti e testi di Alan Moore tra cui Il cortile.
Il post s'intitola SUL FUMETTO, LA SERIALITÀ, IL SUCCESSO E IL FALLIMENTO e può essere letto nella sua interezza qui.
"[…] Sono ben consapevole di non scrivere serie di mega-successo con vendite da blockbuster. I miei fumetti sono spesso strani, complicati, ambigui, oscuri, di nicchia, definiteli come vi pare. Solitamente non sono “per tutti”.
[…] Ovviamente mi piacerebbe avere un maggior numero di lettori, a chi non piacerebbe? Ma non a costo di sacrificare il mio modo di lavorare o i miei gusti.
Perché c’è una cosa. Anzi, beh, sono due.
Primo: Scrivo il genere di libri che mi piacerebbe leggere. Io scrivo per me.
Ecco perché mi fa molto piacere che ci siano persone che apprezzano quello che scrivo, perché scrivo per me stesso e non ho idea se qualcun altro sarà interessato a quello che voglio raccontare. E se lo sono, è bellissimo. Se non lo sono - per via dell’argomento trattato, dei personaggi, del mio stile o perché loro pensano che sia una serie stupida – va malissimo perché non cambierò di certo per il loro piacere.
Si tratta del mio lavoro. Del mio nome in copertina. Nessuno può dire un cazzo.
Secondo: Il fallimento è il risultato atteso da tutti i comics.
Un po’ come accade in televisione, la chiusura o la cancellazione di una serie regolare di fumetti è il risultato finale standard.
E sapete una cosa? Nessuna delle chiusure o dei fallimenti precedenti ha mai condizionato la decisione, da parte di chi doveva, di farmi pubblicare un altro progetto. Perché quelli di noi che lavorano davvero nel mondo dei fumetti – e io ormai sono in questo giro da 15 anni (!) – capiscono bene che la cancellazione è un fatto normale. Sappiamo bene che ci sono ottimi fumetti che non riescono a trovare il loro pubblico, accade continuamente. È la vita, ragazzi.
[…] Per cui sto concentrato sul lavoro. Cerco di fare il meglio che posso, con i collaboratori migliori e più interessanti, e mi piace pensare che il mio pubblico sia composto di persone intelligenti a cui piace leggere quel genere di storie.
Perché questo è davvero l’unica cosa che posso fare.
Tutto il resto non posso controllarlo. E francamente, sono troppo vecchio e non mi frega un accidente delle cose al di là del mio controllo. […]
Intanto su Fumettologica, Daniele Barbieri, noto semiologo e studioso di Fumetto, si domanda: "il romanzo fa davvero bene al fumetto?" E aggiunge: "È solo una domanda, che voglio porre, senza avanzare risposte definite, che non possiedo. Ma è una domanda che si può raffinare. Per esempio, la dominanza del genere autobiografico nel fumetto, o in generale di approfondimento interiore dei personaggi, non è forse un omaggio o un adeguamento a una tendenza analoga e vincente nell’universo del romanzo, a partire da quello che ci è stato insegnato a scuola? Siamo di nuovo nel campo della strabordanza dell’io. Ce n’è bisogno anche nel fumetto? [...]"
Vi invito a leggere l'articolo completo (qui).
Interrogarsi e mettersi in gioco: anche il Fumetto, ormai adulto, lo deve fare.
Frank Miller ha cambiato il tono e il tenore dell’industria dei comics. Forse in questo esatto momento voi siete capaci di disegnare delle anatomie più precise ma - fatemi essere estremamente chiaro - non potrete mai avvicinarvi al livello di maestria di uno storyteller come Frank Miller. Come scrittore, come disegnatore, come architetto della tavola, i suoi layout, il suo segno, il ritmo, l’atmosfera sono senza eguali. Se sputare giudizi e critiche volgari vi fa sentire un millimetro più alti, vi garantisco che non potrete mai e poi mai essere nel novero dei grandi di tutti tempi a cui Frank è destinato. Apprezzate gli sforzi e i contributi di questa leggenda vivente e smettetela con i vostri stupidi commenti e giudizi pieni d’odio."
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Disegni: Frank Miller. |
[...] Li disegna in modo da comunicare questa sua idea di potere grezzo e incontaminato, non come li disegnavano Neal [Adams] o Curt [Swan] o chiunque altro.
[Il suo Superman] è potente, minaccioso, un po’ Eastwood fuori di testa, con i pugni di Kirby e un cazzo ben in evidenza. Non si tratta di un errore, non si tratta di mancanza di controllo.
È una stilizzazione, una caricatura... è Frank che ci mostra una versione di Superman che non è elegante e piacevole da vedere."
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Il Cortile nell'adattamento a fumetti di Antony Johnston per i disegni di J. Burrows. |
Il post s'intitola SUL FUMETTO, LA SERIALITÀ, IL SUCCESSO E IL FALLIMENTO e può essere letto nella sua interezza qui.
"[…] Sono ben consapevole di non scrivere serie di mega-successo con vendite da blockbuster. I miei fumetti sono spesso strani, complicati, ambigui, oscuri, di nicchia, definiteli come vi pare. Solitamente non sono “per tutti”.
[…] Ovviamente mi piacerebbe avere un maggior numero di lettori, a chi non piacerebbe? Ma non a costo di sacrificare il mio modo di lavorare o i miei gusti.
Perché c’è una cosa. Anzi, beh, sono due.
Primo: Scrivo il genere di libri che mi piacerebbe leggere. Io scrivo per me.
Ecco perché mi fa molto piacere che ci siano persone che apprezzano quello che scrivo, perché scrivo per me stesso e non ho idea se qualcun altro sarà interessato a quello che voglio raccontare. E se lo sono, è bellissimo. Se non lo sono - per via dell’argomento trattato, dei personaggi, del mio stile o perché loro pensano che sia una serie stupida – va malissimo perché non cambierò di certo per il loro piacere.
Si tratta del mio lavoro. Del mio nome in copertina. Nessuno può dire un cazzo.
Secondo: Il fallimento è il risultato atteso da tutti i comics.
Un po’ come accade in televisione, la chiusura o la cancellazione di una serie regolare di fumetti è il risultato finale standard.
E sapete una cosa? Nessuna delle chiusure o dei fallimenti precedenti ha mai condizionato la decisione, da parte di chi doveva, di farmi pubblicare un altro progetto. Perché quelli di noi che lavorano davvero nel mondo dei fumetti – e io ormai sono in questo giro da 15 anni (!) – capiscono bene che la cancellazione è un fatto normale. Sappiamo bene che ci sono ottimi fumetti che non riescono a trovare il loro pubblico, accade continuamente. È la vita, ragazzi.
[…] Per cui sto concentrato sul lavoro. Cerco di fare il meglio che posso, con i collaboratori migliori e più interessanti, e mi piace pensare che il mio pubblico sia composto di persone intelligenti a cui piace leggere quel genere di storie.
Perché questo è davvero l’unica cosa che posso fare.
Tutto il resto non posso controllarlo. E francamente, sono troppo vecchio e non mi frega un accidente delle cose al di là del mio controllo. […]
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Il Grande Male, opera di David B. citata da Barbieri nel suo pezzo su Fumettologica. |
Vi invito a leggere l'articolo completo (qui).
Interrogarsi e mettersi in gioco: anche il Fumetto, ormai adulto, lo deve fare.